UN’EREDITÀ DA DIFENDERE
Giusto un secolo e mezzo fa Baudelaire lamentava che nessun cuore umano cambia così in fretta come il volto di una città. L’osservazione valeva per tutte le formazioni urbane interessate, tra Otto e Novecento, dall’urbanizzazione capitalistica fondata su quella che Schumpeter chiamava la «distruzione creatrice». Ma essa oggi vale anche per il centro storico di Bologna frutto in sostanza, all’opposto, di una specie di «creazione conservatrice» che, da Rubbiani a Cervellati, ne ha plasmato la figura. Dove quanto oggi va mutando non è tanto l’assetto immobile, la forma del costruito, ma le condizioni di agibilità da parte di chi vi abita, i comportamenti dell’elemento mobile di cui ogni città si compone. Che era poi, a rileggere il poeta, l’autentico oggetto della sua malinconia.
La fine di quest’anno sarà festeggiata dalla collettività, in centro, in maniera diversa al confronto con gli anni passati, a causa delle regole di sicurezza imposte dai recenti tragici avvenimenti accaduti nelle piazze italiane (si pensi a Torino) e dall’esigenza di protezione nei confronti di possibili attentati. Prima ancora, il rispetto di tali norme ha impedito — da quel che si è compreso — il trasloco della festa stessa in un luogo diverso da piazza Maggiore. Altrimenti la scelta bolognese sarebbe stata del tutto tempestiva e consonante con il senso dei lavori della Commissione d’inchiesta parlamentare sulla condizione delle periferie urbane, che proprio alla vigilia di Natale ha presentato il suo rapporto conclusivo. Vi si legge che, di fronte al generale stato di crisi del territorio metropolitano, distinguere tra centro e periferia non è più di nessuna utilità, poiché i nuovi termini dell’unica «questione urbana» di cui appare corretto parlare impongono appunto la trasformazione di ogni periferia in un vero e proprio centro, dotato per conto suo di tutti gli strumenti della vita sociale e comunitaria. Il che equivale a riconoscere che rispetto alle altre città italiane, e in relazione alle prossime politiche urbane, Bologna resta di qualche passo più avanti, in virtù del proprio passato. Ma allo stesso tempo essa appare incamminata verso un futuro nel quale sarà sempre più difficile continuare a godere degli autentici lussi urbani di cui, comparativamente, ancora gode. Difendere tale eredità dall’incombente e globale «creazione distruttiva» (in termini di pratiche e qualità delle relazioni) sarà d’ora in poi il primo problema politico, nel vero senso della parola.