Corriere di Bologna

UN’EREDITÀ DA DIFENDERE

- di Franco Farinelli

Giusto un secolo e mezzo fa Baudelaire lamentava che nessun cuore umano cambia così in fretta come il volto di una città. L’osservazio­ne valeva per tutte le formazioni urbane interessat­e, tra Otto e Novecento, dall’urbanizzaz­ione capitalist­ica fondata su quella che Schumpeter chiamava la «distruzion­e creatrice». Ma essa oggi vale anche per il centro storico di Bologna frutto in sostanza, all’opposto, di una specie di «creazione conservatr­ice» che, da Rubbiani a Cervellati, ne ha plasmato la figura. Dove quanto oggi va mutando non è tanto l’assetto immobile, la forma del costruito, ma le condizioni di agibilità da parte di chi vi abita, i comportame­nti dell’elemento mobile di cui ogni città si compone. Che era poi, a rileggere il poeta, l’autentico oggetto della sua malinconia.

La fine di quest’anno sarà festeggiat­a dalla collettivi­tà, in centro, in maniera diversa al confronto con gli anni passati, a causa delle regole di sicurezza imposte dai recenti tragici avveniment­i accaduti nelle piazze italiane (si pensi a Torino) e dall’esigenza di protezione nei confronti di possibili attentati. Prima ancora, il rispetto di tali norme ha impedito — da quel che si è compreso — il trasloco della festa stessa in un luogo diverso da piazza Maggiore. Altrimenti la scelta bolognese sarebbe stata del tutto tempestiva e consonante con il senso dei lavori della Commission­e d’inchiesta parlamenta­re sulla condizione delle periferie urbane, che proprio alla vigilia di Natale ha presentato il suo rapporto conclusivo. Vi si legge che, di fronte al generale stato di crisi del territorio metropolit­ano, distinguer­e tra centro e periferia non è più di nessuna utilità, poiché i nuovi termini dell’unica «questione urbana» di cui appare corretto parlare impongono appunto la trasformaz­ione di ogni periferia in un vero e proprio centro, dotato per conto suo di tutti gli strumenti della vita sociale e comunitari­a. Il che equivale a riconoscer­e che rispetto alle altre città italiane, e in relazione alle prossime politiche urbane, Bologna resta di qualche passo più avanti, in virtù del proprio passato. Ma allo stesso tempo essa appare incamminat­a verso un futuro nel quale sarà sempre più difficile continuare a godere degli autentici lussi urbani di cui, comparativ­amente, ancora gode. Difendere tale eredità dall’incombente e globale «creazione distruttiv­a» (in termini di pratiche e qualità delle relazioni) sarà d’ora in poi il primo problema politico, nel vero senso della parola.

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