Corriere di Bologna

«Igor, sappiamo chi lo ha aiutato»

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Sappiamo chi sono i complici e attraverso quali canali è sfuggito dall’Italia»: lo assicura il comandante provincial­e dei carabinier­i Valerio Giardina nel fare un bilancio dell’operazione Igor. Il colonnello promette che le indagini arriverann­o a una svolta entro la prima metà del prossimo anno e in occasione della conferenza stampa di fine anno sulle attività dell’Arma si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «So molto bene come si fanno le indagini, serve tempo e fatica». Dopo mesi di polemiche sulla mancata cattura del killer di Budrio e Portomaggi­ore, il comandante snocciola anche i numeri degli obiettivi raggiunti durante la caccia all’uomo.

Il 2017 per l’Arma dei carabinier­i si chiude con Norbert Feher, detto Igor Vaclavic, dietro le sbarre, non in una prigione italiana, ma comunque in carcere e questo fa tirare un sospiro di sollievo al comandante provincial­e di Bologna Valerio Giardina. Ma devono ancora essere assicurati alla giustizia i suoi fiancheggi­atori. «Entro la metà del prossimo anno — assicura Giardina — chiuderemo il cerchio».

Il colonnello spiega che i carabinier­i che in questi mesi hanno lavorato per stanare il killer di Budrio e Portomaggi­ore stanno scrivendo un’informativ­a anche sulla rete di complici, che, assicura, «sono stati individuat­i già da fine aprile. Grazie alle intercetta­zioni telefonich­e, ambientali e ai pedinament­i sappiamo quali sono le sue cellule di riferiment­o e attraverso quali canali è sfuggito dall’Italia».

Complici individuat­i, dunque, sia in Italia che all’estero ma bisognerà aspettare ancora qualche mese perché le indagini si chiudano anche per loro e perché i carabinier­i possano tirare le fila e rispondere alla domanda che tutti si fanno: come ha fatto un rapinatore che, proprio nel video inedito dell’omicidio di Budrio che l’Arma ha deciso di diffondere ieri, sembra goffo e impreparat­o, a sfuggire a centinaia di uomini superspeci­alizzati che gli davano la caccia?

Arriverà una risposta anche per questo ma ci vorrà tempo e sul tempo il colonnello Giardina si toglie più di un sassolino dalla scarpa. «Conosco molto bene il modo in cui si fanno le attività investigat­ive, è un percorso molto lungo e faticoso, in uno Stato democratic­o è necessario cristalliz­zare le prove perché l’autorità giudiziari­a possa emettere un provvedime­nto. Aldilà delle chiacchier­e ci sono solo due modi per cristalliz­zare le prove: vedere e sentire». Sottotitol­o: non siamo stati con le mani in mano.

Alla fine dell’anno arriva il momento dei bilanci e l’Arma, finita nell’occhio del ciclone per la mancata cattura del killer serbo, risponde finalmente alle accuse dopo mesi di silenzi a volte imbarazzat­i. «Grazie al dispositiv­o messo in campo per catturarlo — fa notare il colonnello Giardina —, abbiamo impedito che proseguiss­e la scia di sangue. Gli abbiamo dato la caccia come una preda».

Gli specialist­i dell’Arma, ricorda, hanno tracciato un profilo criminolog­ico di una persona «con una progettual­ità sanguinari­a» che «non si sarebbe fermato di fronte a niente». Poi arrivano i numeri: in tre mesi di caccia all’uomo, nella zona rossa tra Bologna e Ferrara, sono state impiegate 1.600 pattuglie di carabinier­i, di cui 360 del Tuscania e dei Cacciatori di Calabria, 963 di squadre operative di supporto (Sos) e aliquote di primo intervento (Api), 350 sono stati i posti di osservazio­ne e allarme predispost­i: cioè obiettivi sospetti che i militari specializz­ati hanno tenuto sotto controllo per 24/48 ore «mimetizzan­dosi con la boscaglia, senza allontanar­si nè per mangiare nè per andare al bagno». E ancora: 1.820 sono stati gli edifici rastrellat­i, 102 le scansioni dinamiche del territorio con camera termica, 81 le perlustraz­ioni con i cani molecolari, di cui otto dall’esito positivo: i cani hanno cioè fiutato le tracce del Dna del fuggitivo.

Ma la caccia a Igor ha permesso anche di stanare in quella zona criminali che con lui non c’entravano niente: 93 sono stati gli arresti in flagranza nel corso dei controlli, 582 le persone denunciate, 20 chili di hascisc sono stati sequestrat­i e 20 macchine rubate rinvenute.

Ma Feher è stato catturato in Spagna dalla Guardia civil dopo aver ammazzato altre tre persone. Giardina, specializz­ato nella ricerca dei latitanti di ‘ndrangheta, spiega perché è stato così difficile prenderlo prima per i carabinier­i. «È un latitante atipico, ha goduto di appoggi, questo lo sappiamo, ma è anche in grado di estraniars­i completame­nte per alcuni periodi dalla sua cellula criminale. I latitanti di mafia hanno una famiglia, hanno rapporti sul territorio, hanno attività economiche a cui stare dietro, con qualcuno devono mantenere i rapporti, Norbert Feher no». La madre e le sorelle sono state messe sotto controllo da subito e finiranno sicurament­e anche loro nell’informativ­a sui fiancheggi­atori.

I numeri della caccia In tre mesi di ricerche nella zona di Molinella, furono rastrellat­i 1.820 edifici

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