Corriere di Bologna

«Soldi per i permessi di soggiorno», danno d’immagine alla polizia La Corte dei conti condanna l’agente

- Andreina Baccaro

Prese soldi per accelerare le pratiche per i permessi di soggiorno, adesso sarà lui a dover sborsare quindicimi­la euro per risarcire il danno d’immagine alla Polizia di Stato. È il conto amaro di fine anno che la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna ha presentato al 36enne S. M. A., che tra il 2003 e il 2005 era un giovane agente ausiliario in servizio al call center per gli stranieri della Questura di Bologna.

Lì, si scoprì dopo una lunga inchiesta della Squadra mobile e della Procura, facilitava pratiche e accelerava la fissazione di appuntamen­ti per gli immigrati richiedent­i il permesso di soggiorno che accettavan­o di pagare. L’agente fu condannato per corruzione in primo grado nel 2008 a un anno e quattro mesi con pena sospesa. Ma quattro anni fa, nel 2013, la Corte d’Appello lo ha prosciolto per intervenut­a prescrizio­ne.

Nonostante ciò, secondo la magistratu­ra contabile, questo non lo esime dalla responsabi­lità amministra­tiva. «Certamente, la pronuncia di non luogo a procedere per prescrizio­ne del reato non oblitera il disvalore del titolo di illecito» scrive il consiglier­e relatore Marco Pieroni, nella sentenza firmata insieme al presidente del collegio giudicante Donato Maria Fino e all’altro consiglier­e Massimo Chirieleis­on, aggiungend­o che la prescrizio­ne è un «fatto occasional­e e comunque esterno alla fattispeci­e criminosa». Salvato dunque dalla prescrizio­ne in sede penale, l’ex agente non è scampato alla condanna contabile a risarcire la pubblica amministra­zione. «L’estinzione del reato presuppost­o non comporta l’estinzione del reato che lo presuppone né fa venir meno l’aggravante di pena».

Per i giudici «il comportame­nto corruttivo tenuto dal convenuto signor A., condivisib­ilmente qualificat­o dal Tribunale di Bologna quale “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio” , certamente arreca un vulnus al bene-interesse salvaguard­ato dal principio costituzio­nale dell’imparziali­tà e del buon andamento della pubblica amministra­zione, declinato come prestigio, credibilit­à e corretto funzioname­nto degli uffici pubblici». Al 36enne, condannato a pagare in contumacia perché non si è costituito in sede di giudizio, resta la possibilit­à di ricorrere in appello contro la decisione della Corte dei Conti. I quindicimi­la euro andranno alla Polizia di Stato.

L’inchiesta penale era partita nel 2003 dalla denuncia di una donna filippina che si rivolse all’Ufficio stranieri della Questura di Bologna, lo stesso presso il quale era in servizio l’agente ausiliario, raccontand­o che il titolare di un’agenzia di pratiche per stranieri le aveva chiesto 1.000 euro in cambio di un permesso di soggiorno. L’inchiesta condotta dal pm Stefano Orsi scoperchiò un giro di truffe ben collaudate in cui rimasero coinvolti quattro imprendito­ri e due poliziotti, uno dei quali poi però è stato assolto.

Agli immigrati venivano chiesti fino a 3.500 euro in cambio di permessi di soggiorno che tra l’altro non sempre arrivavano.

Il danno d’immagine L’agente facilitava le pratiche a chi pagava Ora dovrà versare 15.000 euro

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Piazza Galileo La Questura di Bologna

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