«Soldi per i permessi di soggiorno», danno d’immagine alla polizia La Corte dei conti condanna l’agente
Prese soldi per accelerare le pratiche per i permessi di soggiorno, adesso sarà lui a dover sborsare quindicimila euro per risarcire il danno d’immagine alla Polizia di Stato. È il conto amaro di fine anno che la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna ha presentato al 36enne S. M. A., che tra il 2003 e il 2005 era un giovane agente ausiliario in servizio al call center per gli stranieri della Questura di Bologna.
Lì, si scoprì dopo una lunga inchiesta della Squadra mobile e della Procura, facilitava pratiche e accelerava la fissazione di appuntamenti per gli immigrati richiedenti il permesso di soggiorno che accettavano di pagare. L’agente fu condannato per corruzione in primo grado nel 2008 a un anno e quattro mesi con pena sospesa. Ma quattro anni fa, nel 2013, la Corte d’Appello lo ha prosciolto per intervenuta prescrizione.
Nonostante ciò, secondo la magistratura contabile, questo non lo esime dalla responsabilità amministrativa. «Certamente, la pronuncia di non luogo a procedere per prescrizione del reato non oblitera il disvalore del titolo di illecito» scrive il consigliere relatore Marco Pieroni, nella sentenza firmata insieme al presidente del collegio giudicante Donato Maria Fino e all’altro consigliere Massimo Chirieleison, aggiungendo che la prescrizione è un «fatto occasionale e comunque esterno alla fattispecie criminosa». Salvato dunque dalla prescrizione in sede penale, l’ex agente non è scampato alla condanna contabile a risarcire la pubblica amministrazione. «L’estinzione del reato presupposto non comporta l’estinzione del reato che lo presuppone né fa venir meno l’aggravante di pena».
Per i giudici «il comportamento corruttivo tenuto dal convenuto signor A., condivisibilmente qualificato dal Tribunale di Bologna quale “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio” , certamente arreca un vulnus al bene-interesse salvaguardato dal principio costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, declinato come prestigio, credibilità e corretto funzionamento degli uffici pubblici». Al 36enne, condannato a pagare in contumacia perché non si è costituito in sede di giudizio, resta la possibilità di ricorrere in appello contro la decisione della Corte dei Conti. I quindicimila euro andranno alla Polizia di Stato.
L’inchiesta penale era partita nel 2003 dalla denuncia di una donna filippina che si rivolse all’Ufficio stranieri della Questura di Bologna, lo stesso presso il quale era in servizio l’agente ausiliario, raccontando che il titolare di un’agenzia di pratiche per stranieri le aveva chiesto 1.000 euro in cambio di un permesso di soggiorno. L’inchiesta condotta dal pm Stefano Orsi scoperchiò un giro di truffe ben collaudate in cui rimasero coinvolti quattro imprenditori e due poliziotti, uno dei quali poi però è stato assolto.
Agli immigrati venivano chiesti fino a 3.500 euro in cambio di permessi di soggiorno che tra l’altro non sempre arrivavano.
Il danno d’immagine L’agente facilitava le pratiche a chi pagava Ora dovrà versare 15.000 euro