Corriere di Bologna

Storie di maestre che rischiano il posto «Cosa faremo?»

- di Daniela Corneo

Rientro dalla vacanze natalizie con sciopero: l’8 gennaio molti insegnanti non si presentera­nno a scuola per la ripresa delle lezioni, ma andranno a Roma a protestare. In cima alle richieste: una decisione politica che risolva al meglio la situazione per tutti quei docenti con diploma magistrale che, dopo la recente sentenza del Consiglio di Stato, perderanno la cattedra.

Francesca e Sara, due maestre con diploma magistrale che insegnano a Bologna da oltre dieci anni, una immessa in ruolo (con riserva) e l’altra assunta a tempo determinat­o dopo aver lasciato il posto fisso in una paritaria, raccontano la loro storia. «Dopo anni di esperienza e di sacrifici, ci consideran­o maestre di serie B. E adesso cosa faremo?»

Ha insegnato per undici anni in una scuola privata di Bologna, cinque dei quali passati a seguire un bambino gravemente disabile. «Non lo voleva seguire nessuno, l’hanno assegnato a me, come spesso accade alle maestre con il diploma magistrale: ti usano come factotum, ti pagano poco e spesso ti fanno il contratto da educatrice e non da docente di sostegno per risparmiar­e». E così Sara (nome di fantasia, ndr), all’età di 54 anni, dopo aver accompagna­to il «suo» bimbo disabile fino alla quinta elementare, decide di mollare il posto indetermin­ato, per iniziare a fare supplenze, visto che molte scuole dell’area di San Lazzaro, conoscendo la sua esperienza, negli anni scorsi l’avevano cercata e «corteggiat­a».

«Negli ultimi anni — racconta Sara — non ho mai accettato le supplenze, perché volevo seguire il bimbo disabile fino alla fine della primaria. Con lui ho ottenuto risultati incredibil­i, nonostante la gravissima disabilità: ora legge, scrive, conta e sa muoversi in modo indipenden­te. Eppure scopro che per il Consiglio di Stato io non sono abilitata all’insegnamen­to. È un bel paradosso, visto che ho scelto di fare le supplenze, pensando che lo Stato mi riconosces­se più diritti delle scuole paritarie».

La storia di Sara parte da lontano. Da Bari per l’esattezza. Dopo il diploma magistrale ha due figli piccoli. «Ma io e mio marito volevamo garantire loro un futuro migliore, volevamo dare loro più opportunit­à». Quindi Sara e il marito fanno i bagagli e si trasferisc­ono a Bologna. «I primi anni io mi sono dedicata alla famiglia, ma quando i ragazzi sono cresciuti e sono diventati indipenden­ti, mi sono reimmessa nel mondo del lavoro». Per un po’ Sara lavora (molto sottopagat­a) per una cooperativ­a sociale nella Bassa e si muove tra Budrio, Medicina e comuni limitrofi.

Poi ci riprova con l’insegnamen­to, che è il suo sogno. Undici anni fa trova posto in un istituto paritario di Bologna, prima nella scuola dell’infanzia, poi alla primaria come insegnante di sostegno. «Quando hai il diploma magistrale ti fanno fare di tutto nelle scuole», racconta. Ma non solo: «Nelle private l’insegnante di sostegno viene inquadrata a un livello inferiore, cioè come educatrice. Fatto che mi ha sempre impedito di inserirmi nelle supplenze».

Intanto Sara ha continuato a formarsi a sue spese: «Lavoriamo con i bambini e con i disabili, non possiamo permetterc­i passi falsi». A settembre è arrivata una chiamata da una scuola di San Lazzaro: le hanno chiesto di fare supplenze come insegnante di sostegno nella scuola dell’infanzia e come maestra in una quinta elementare. «Ho accettato, perché volevo avere più garanzie di quelle che mi davano nella paritaria». Un venerdì pomeriggio di settembre Sara si licenzia dal suo posto a tempo indetermin­ato; il lunedì dopo prende servizio nella scuola statale.

Il 20 dicembre scorso la sentenza del Consiglio di Stato ha fatto crollare di nuovo tutto. «E qualcuno — dice — mi deve spiegare, perché per lo Stato noi diplomati magistrali andiamo bene come supplenti, ma per metterci in ruolo invece non siamo più efficienti e titolati all’insegnamen­to. La verità è che, facendo così, risparmian­o sulle mensilità estive: le nostre competenze vanno bene fino al 30 giugno di ogni anno, poi improvvisa­mente non esistono più. E adesso cosa farò? Queste situazioni di incertezza pesano moltissimo nella vita di una famiglia».

Precarietà Dopo 11 anni, ho tentato la strada delle supplenze nella statale: pensavo di avere più diritti così

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