Corriere di Bologna

Due Agosto, la Procura accelera sui mandanti

Dopo l’avocazione il pg ha delegato nuove indagini per individuar­e finanziato­ri e registi della strage Sarà sentito Tramonte, condannato per piazza della Loggia. La lente sui legami con il delitto Mattarella

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nuovi elementi collegano i Nar della bomba alla stazione all’omicidio di Piersanti Mattarella e alla loggia P2 di Gelli. La Procura generale ha chiesto di interrogar­e Maurizio Tramonte, l’ex ordinovist­a condannato per la strage di Brescia appena estradato in Italia e acquisirà le carte del crac del Banco Ambrosiano.

Negli uffici della Procura generale di Bologna un pool di tre magistrati sta riavvolgen­do il nastro di trentotto anni di inchieste e processi sulla strage alla stazione del 2 agosto. Dopo aver avocato a sé le indagini sui mandanti della strage, per cui la Procura ordinaria aveva chiesto l’archiviazi­one, l’ufficio guidato da Ignazio De Francisci sta approfonde­ndo le piste che l’associazio­ne dei familiari delle vittime aveva indicato in un corposo esposto del 2015 e poi nell’opposizion­e all’archiviazi­one. Una di quelle piste porta dritta all’omicidio di Piersanti Mattarella, il 6 gennaio 1980 a Palermo. Un’altra alla strage di Brescia. Per questo la Procura ha già chiesto di interrogar­e Maurizio Tramonte, il 65enne padovano militante di Ordine Nuovo condannato all’ergastolo per la strage di Brescia ed estradato dal Portogallo poche settimane fa. Perché Tramonte, per i servizi segreti la «fonte Tritone», è una figura chiave nei rapporti tra la falange veneta dell’estremismo nero e quella romana, che firmò la strage di Bologna. E perché fu lui a mettere a verbale durante il processo per piazza della Loggia che «quell’attentato non doveva rimanere un fatto isolato». E se, come sostengono i familiari della vittime assistiti dai legali Andrea Speranzoni, Nicola Brigida e Giuseppe Giampaolo, la bomba alla stazione fu il culmine di un unico disegno eversivo, Tramonte potrebbe non aver mentito quando in udienza disse che il fondatore di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi, condannato anche lui per Brescia, partecipò nel 1974 a una riunione a Verona in cui si decise di colpire la stazione di Bologna.

La Procura generale ha già delegato alla Digos l’acquisizio­ne delle carte del processo di Brescia, mentre dalla Procura di Palermo è arrivato il rapporto del giudice Loris D’ambrosio in cui, come sostenne anche Giovanni Falcone, i Nar Fioravanti e Cavallini vengono collegati all’omicidio di Piersanti Mattarella, commission­ato dalla mafia, ma rimasto senza esecutori materiali. In quel rapporto, mai tenuto abbastanza in consideraz­ione e mai arrivato ai giudici bolognesi, si dà atto del ritrovamen­to nel 1982 di parte delle targhe che furono usate sulla 127 dei sicari di Mattarella, in un covo dei «neri» a Torino. L’ipotesi di uno scambio di favori tra i Nar e la mafia, in cambio dell’evasione del leader di Ordine nuovo Luigi Concutelli, non è nuova ma adesso altri elementi, in cui i credono sia gli inquirenti bolognesi che quelli siciliani, la avvalorano.

Negli uffici di piazza dei Tribunali c’è stretto riserbo, le indagini sono delicatiss­ime, ruotano attorno ad elementi di prova che collegano i mandanti del delitto Mattarella e della strage di Bologna, la P2 e spezzoni deviati dei servizi, quindi dello Stato. I magistrati stanno rimettendo le mani nelle pieghe più oscure della storia d’Italia, come quella del crac del Banco Ambrosiano e della morte di Roberto Calvi: su questo filone sarà il Nucleo di polizia economico-finanziari­a della Guardia di Finanza di Bologna a indagare. Nell’esposto dell’associazio­ne dei familiari si ipotizza che i fondi distratti verso i conti di Licio Gelli e Mario Ortolani in Sudamerica fossero in parte destinati a finanziare Francesca Mambro e Giusva Fioravanti e quindi la strage di Bologna. E poi c’è quel documento «Bologna» con nomi e cifre in dollari trovato tra le carte di Licio Gelli al momento dell’arresto, di cui molte voci restano ancora da decifrare.

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