Corriere di Bologna

Donadoni vincente, squadra sbagliata

Una grossa fetta di Bologna vuole un altro allenatore. I giovani non lo capiscono, i campioni lo amano

- di Claudio Beneforti

Cominciamo facendo una doverosa sottolinea­tura: l’allenatore che una bella fetta del popolo rossoblù non vorrebbe più vedere sulla panchina del Bologna è una persona seria che non vende fumo. Il che non è un particolar­e di poco conto in questo calcio pieno di mestierant­i e fattucchie­ri. Andiamo avanti: Roberto Donadoni è un vincente nel dna per quello che ha fatto da calciatore e ha il carattere forte del bergamasco. Non è finita qua: è uno che non è interessat­o ai poteri forti e non allena i giornalist­i (come fanno tanti allenatori che con i media hanno un confronto quasi quotidiano), dei quali non è amico. Altro punto: inutile nascondere che con il suo carattere chiuso e introverso non può piacere alla gente di Bologna, che non a caso ha amato negli ultimi anni (non solo per i risultati fatti) il grande comunicato­re Renzo Ulivieri, Carletto Mazzone anche per la sua romanità e il goliardico Gigi Maifredi. E che ha a malapena sopportato Francesco Guidolin, nonostante la sua bravura.

Sì, Saputo è andato controcorr­ente, anche per questi motivi lo ha scelto a suo tempo, quando alcuni suoi dirigenti avrebbero voluto a Casteldebo­le altri allenatori, vedi Prandelli, Di Carlo e Montella. Ecco perché Donadoni è più adatto a questa società che a questa squadra. Il peccato originale è proprio questo. Ci spieghiamo meglio: è la figura perfetta per il Bologna di Saputo. Sempre toni bassi, grande educazione, leale, estremamen­te filo-societario, è uno che prende sempre quello che gli viene dato e non batte mai un pugno sul tavolo per farsi intendere anche sul mercato. Non solo: Donadoni è come uno di quei medici che non ti fanno mai stare da principe ma che al tempo stesso non ti fanno neanche mai morire. Come potete capire, è l’ideale per Saputo, che almeno a oggi ha come unica ambizione una salvezza dignitosa.

Della serie: è vero che la squadra non ha evidenziat­o particolar­i segnali di crescita, è vero anche che spesso e malvolenti­eri ha giocato male e ha perso troppe partite, ma poi in fondo la sua classifica di oggi è su per giù lo specchio fedele della realtà attuale della società Bologna.

Il punto è questo, e qua torniamo all’errore fatto al via: se scegli Donadoni devi dargli una squadra soprattutt­o di giocatori fatti e non di giovani da crescere. Non è un caso che Dzemaili e Giaccherin­i abbiano fatto molto bene e che Poli e Palacio siano costruttiv­i. Uno può anche pensare che lavori poco sul campo con i giovani alla luce della loro mancata crescita, ma a dire la verità con il tempo ci siamo fatti un’altra idea. Questa: per quello che è stato il suo passato Donadoni dà per scontate cose che ai suoi tempi erano la normalità mentre oggi richiedono mille attenzioni in più sia dentro il campo sia fuori. Se adesso non ti cali nel mondo dei giovani, difficilme­nte i giovani capiranno il tuo linguaggio e il tuo modo di intendere il calcio e di conseguenz­a ti ascolteran­no. Un esempio: se chiedi a Palacio — un campione — di Donadoni ti dirà che quando parla rimane incantato, stai tranquillo che di fronte alla stessa domanda non ti rispondera­nno mai così Donsah, Pulgar o lo stesso Destro.

Come dire: al di là di quelli che sono i valori tecnici, perché anche questi contano, nel giocatore fatto Donadoni entra con facilità, in quello che deve farsi fa più fatica sia a entrare che a trasmetter­e. E una volta sul campo si vede.

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Criticato Roberto Donadoni

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