Il «pride» degli infermieri partito dal Sant’Orsola
Tutto è nato nel 2015 quando l’Ordine dei medici di Bologna sospende alcuni dirigenti del 118 per gli infermieri soli sulle ambulanze. Monta la protesta degli infermieri e uno di loro, Pietro Giurdanella, dal Sant’Orsola coinvolge migliaia di colleghi.
È stato dimesso ieri dal Sant’Orsola Loris Fabbri, l’uomo a cui è stato trapiantato il fegato la notte di Natale. È potuto così rientrare a casa, a Forlì, dopo sole due settimane dall’intervento, guidato da Matteo Ravaioli, il chirurgo dell’equipe della Chirurgia dei trapianti del policlinico guidata da Matteo Cescon.
«Va molto bene, il recupero è molto rapido, sempre che proceda così — confida l’uomo, 51 anni, che ha dovuto abbandonare la sua attività perché non ce la faceva più a lavorare —. I medici avevano già trattato tre tumori, che si erano presentati in maniera veloce, non c’era alternativa al trapianto. Se non succede qualcosa dovrei aver guadagnato almeno 20 anni di vita, e in 20 anni si fanno tante cose». Loris era il primo in lista d’attesa e il pomeriggio della vigilia di Natale è arrivata la telefonata dal Sant’Orsola. Era infatti da poco deceduto un signore all’ospedale Maggiore e il fegato era idoneo al trapianto. Nella notte l’intervento. «Non ho remore a conoscere i parenti dell’uomo che mi ha fatto questo enorme regalo — confida Fabbri —, vorrei ringraziarli, anche di persona se vogliono, per quanto hanno fatto. E per continuare a parlare di trapianti, più se ne parla e meglio è. Sono più che disponibile a incontrarli, se vogliono, mi farebbe tanto piacere. Se riesco a fare qualcosa anch’io per gli altri...».
Anche Fabbri insiste sull’importanza di parlare di donazioni di organi, un atto di grande generosità, e di trapianti. Chi meglio di lui può farlo. «Siamo contenti, sta andando tutto nel migliore dei modi», commenta Ravaioli, che quella notte ha operato Loris. Il chirurgo nel frattempo ha potto festeggiare anche la buona notizia di aver ricevuto un finanziamento di 430 mila euro dal ministero della Sanità per il suo studio che riguarda gli organi donati. «Nella ricerca — spiega — si prevede che vengano trattati gli organi con un particolare sistema di perfusione per migliorarne la funzione. Stiamo parlando in questo caso di reni e fegato. Con questo trattamento dovrebbero migliorare la funzione. Utilizzando una similitudine, è come se mettessimo in ricarica il cellulare alla sera, così quando lo riaccendiamo al mattino funziona al meglio, in piena carica».
Lo studio riguarda sia gli organi prelevati «a cuore battente», quindi per morte encefalica, che quelli «a cuore fermo». Come quello trapiantato a Natale. «Adesso riusciamo ad utilizzare organi che un tempo non erano ritenuti idonei — chiarisce ancora Ravaioli —, le tecniche sono infatti molto migliorate. E questo studio vuole essere un ulteriore step in questa direzione. Ci sono macchine in particolare, sviluppate in parte ahche al Sant’Orsola con la collaborazione dei reparti di Nefrologia, Rianimazione, Anatomia patologica e Medicina interna, che servono a perfondere gli organi. Lo studio parte nel 2018».