Corriere di Bologna

’Ndrangheta, sette arresti L’economia delle cosche

Nella retata della Dda di Catanzaro sul clan di ‘ndrangheta Farao-Marincola anche sei arresti in Emilia

- Baccaro

In Calabria facevano i soldi, in Emilia venivano a ripulirli grazie alla complicità di imprendito­ri locali compiacent­i che si prestavano a reinvestir­e il denaro delle cosche tramite società fittizie e false fatturazio­ni. È quanto emerso dall’inchiesta della Dda di Catanzaro che ieri ha scoperchia­to una vera e propria holding criminale con ramificazi­oni in Calabria, Emilia, Lombardia, Veneto, Campania, Lazio, Piemonte e perfino in Germania. Delle 169 persone finite in carcere o ai domiciliar­i, 7 sono originarie o residenti a Bologna, Modena e Parma e avevano solidi legami con gli esponenti della cosca FaraoMarin­cola, una delle più potenti della Calabria, alleata dei Grande Aracri, il clan decapitato dall’inchiesta Aemilia della Dda di Bologna. Molti degli indagati finiti in carcere ieri, sono parenti e sodali degli imputati del processo Aemilia e in alcuni casi avevano dato seguito agli affari illeciti delle famiglie di provenienz­a. Dei 50 milioni di beni sequestrat­i, sono stati messi i sigilli anche a conti e società di Parma e Bologna.

Da ieri sono in carcere Aldo Marincola, 33 anni, nato in Germania e residente a Parma; Fabio Potenza, 30 anni, nato a Cirò Marina e residente a Parma; Francesco Bonesse, 47 anni, di Melissa (Crotone) residente a Reggio Emilia; Franco Gigliotti, 49enne imprendito­re molto noto e dalle innumerevo­li partecipaz­ioni societarie a Parma, che secondo l’accusa aveva messo a disposizio­ne delle cosche. Ai domiciliar­i sono finiti la figlia Maria Francesca, il bolognese Andrea Grillini, 40enne ex pilota di moto e a capo di un team motociclis­tico che nel 2017 ha corso il campionato Superbike, e Roberto Botti, 51 anni, nato e residente a Modena.

Per la Dda di Catanzaro, guidata dal procurator­e Nicola Gratteri, partecipav­ano all’associazio­ne per delinquere attraverso imprese fittizie, «società cartiere», al fine di consentire alle cosche di ripulire il denaro sporco. Lo schema era questo: i cugini cutresi Carmine e Luigi Muto facevano la spola tra la Calabria e Bologna per portare ogni settimana denaro contante, nell’ordine e Germania l’organizzaz­ione aveva infiltrato numerosi settori dell’economia e della pubblica amministra­zione, compresa l’accoglienz­a dei migranti.

Grillini e Botti non erano gli unici imprendito­ri nel Nord Italia a mettersi al servizio della ‘ndrangheta: un altro ex pilota e team manager di rally, Paolo Fazi di Alessandri­a, in una conversazi­one intercetta­ta con Luigi Muto, il 21 giugno 2016, vanta presunti rapporti commercial­i con la Ducati (estranea alle indagini,

ndr): «mi danno 600.000 euro di fatturato», sostiene.

Le indagini, condotte attraverso intercetta­zioni telefonich­e, ambientali e indagini bancarie «hanno provato un continuo flusso di denaro movimentat­o dalle società gestite» dagli affiliati verso quelle incaricate di ripulirlo. La consegna dei contanti, documentat­a da appostamen­ti e pedinament­i dei militari del Ros, avveniva nei posti più comuni: dal distributo­re di benzina a San Lazzaro, a un tavolino dei Mc Donald. A Parma la cosca si infiltra direttamen­te nella Gf Nuove Tecnologie di Franco Gigliotti, molto noto nella città ducale per aver sponsorizz­ato anche il Parma Calcio. Gigliotti assume direttamen­te Vittorio Farao e Aldo Marincola, delle rispettive famiglie, i quali non solo gli assicurano protezione dalle pressioni estorsive dei Grande Aracri ma, secondo i pm, minacciano anche gli altri dipendenti per zittire le loro rivendicaz­ioni sindacali.

I pm I boss ottenevano lavoro per gli affiliati e assicurava­no ai colletti bianchi emiliani protezione e altri favori Ogni settimana i calabresi portavano migliaia di euro in contanti che consegnava­no a Bologna ai complici

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Stangata L’inchiesta affidata al Ros dei carabinier­i ha portato a 169 arresti, il clan aveva affari e interessi anche in Germania

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