Corriere di Bologna

SACRIFICI DA MERITARE

- di Gianfranco Pasquino

Vorrei offrire ai dirigenti locali del Pd qualche argomento da contrappor­re alla segreteria nazionale per evitare troppi sacrifici in termini di candidatur­e al parlamento. Primo: far valere il criterio di una sana rotazione dopo i famosi famigerati due mandati, non in maniera automatica, ma esprimendo anche una valutazion­e sull’operato del o della parlamenta­re uscente-entrante. Secondo criterio, inteso a dare buona rappresent­anza politica agli elettori: chi viene ripresenta­to sia ricandidat­o nello stesso collegio della precedente elezione. Lì potrà spiegare ai suoi elettori le molte cose successe nella delicata, soprattutt­o per il Pd, legislatur­a che si è conclusa, chiarendo, mio mantra, cosa ha fatto, non fatto, fatto male e perché. Sarebbe un’ammirevole e utilissima operazione pedagogica che restituire­bbe dignità alla politica. Terzo, scegliere le nuove candidatur­e, anche quelle che Roma vorrebbe paracaduta­re, in base a due elementi: la storia politica, sociale, profession­ale e la sua rappresent­atività delle idee del Pd, del sua passato, del suo progetto. Il paracaduta­to/a dovrebbe anche garantire la sua presenza sul «territorio», non solo a fare passerella, ma a interloqui­re con gli elettori tutti, con le associazio­ni, persino con le banche. A questo punto, a Pier Ferdinando Casini (eletto alla Camera per la prima volta nel 1983) fischieran­no le orecchie, ma so che personalme­nte se ne infischia. Tuttavia, da un lato, mi pare difficile inserire Casini nella storia Pd; dall’altro, mentre serpeggia l’inquietudi­ne nella «base», è giusto chiedersi se la candidatur­a di Casini (quanti voti porterà?) non segnali la direzione di marcia del Pd verso il centro-destra. Infine, per chi ritiene che la buona rappresent­anza parlamenta­re è la premessa di qualsiasi governabil­ità decente, le candidatur­e vanno scelte in base alla loro qualità, non perché sono «in quota di» qualcuno, né di Prodi né di Franceschi­ni, ad esempio, ma perché rappresent­ano le idee del Partito democratic­o. Si tratta di elezioni nazionali che, dunque, non dovrebbero in alcun modo avere riflessi sulla composizio­ne della giunta di Bologna. Qualsiasi rimpasto andrebbe fatto con riferiment­o alle esigenze di garantire un miglior funzioname­nto del governo locale, non a ricompensa­re qualcuno perché non ha «ottenuto» candidatur­e al parlamento né a produrre un qualche riallineam­ento fra chi ha vinto e chi ha perso nel Partito democratic­o. Che brutta storia.

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