I Dem lgbt si ribellano «Non lo voteremo»
Red, l’associazione lgtb vicina al Pd, storce il naso sulla candidatura di Pier Ferdinando Casini a Bologna. Ma a difendere il fondatore dell’Udc c’è il parlamentare Sergio Lo Giudice: «Ha detto sì alle unioni civili, votatelo».
Manfrin Il segretario del Pd, Matteo Renzi sta facendo un errore a candidarlo qui. Il mio voto non è scontato, ci penserò tre volte
Ma gli elettori Lgbt di centrosinistra sono pronti a votare Casini? «Renzi sta facendo un errore a candidarlo qui. Il mio voto non è più scontato». Ecco qual è la risposta di Mattia Manfrin, giovane presidente di Red, l’associazione che nel suo statuto si impegna a migliorare la qualità della vita di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, molto vicina al Pd. Red, per dire, è presente con il suo bar alla Festa dell’Unità al Parco Nord a differenza dell’Arcigay, che da anni il suo stand non ce l’ha più. Manfrin ha 26 anni e vota Pd da sempre. Questa volta però sarà diverso, questa volta sulla scheda dovrà i conti con il nome di Casini. «Non lo voterò», dice di getto. Poi ci riflette e si corregge: «Diciamo che ci penserò non una ma tre volte». Qualunque sarà la scelta finale dentro l’urna, quel che conta oggi è il giudizio politico del movimento Lgbt sull’ipotesi concreta di una corsa sotto le Torri dell’ex presidente della Camera. «Trovo assurdo che il Pd decida di candidare proprio qui persone contro i nostri ideali, dopo anni di lotte a favore dei diritti civili. È controproducente. Renzi sta commettendo un grosso errore».
Manfrin non si capacita. Vorrebbe condividere al più presto le sue preoccupazioni con il segretario bolognese del Pd Francesco Critelli. «Noi di Red ci incontreremo nei prossimi giorni e discuteremo anche di questo. Mi piacerebbe però parlarne anche con lui». Vincenzo Branà, presidente del Cassero, è un elettore di centrosinistra, ma non di stretta osservanza democratica. Forse anche per questo, di fronte alla domanda cruciale, non ha bisogno di pensarci molto: «Casini non lo voterò mai». Arcigay sta aspettando le liste dei candidati di tutti gli schieramenti – saranno pronte tra un paio di settimane - per ripetere il lavoro già fatto in occasione delle Europee del 2014 quando registrò i politici più vicini e distanti dai valori del movimento Lgbt. Ma per un giudizio sul centrista bolognese non c’è bisogno di aspettare la fine del mese. «Se sarà lui il candidato, sconsiglieremo di votarlo», anticipa Branà. «Perché per noi è davvero difficile – spiega – mandare in Parlamento un politico con la sua storia». Ad ascoltare i suoi ragionamenti c’è di più. Non essendo possibile con il Rosatellum il voto disgiunto, chi non voterà Casini di conseguenza non voterà il centrosinistra e quei candidati, laddove ce ne fossero, vicini al movimento gay. A Bologna un esempio potrebbe presentarsi, qualora al proporzionale dovesse correre il senatore uscente Sergio Lo Giudice, per anni leader dell’Arcigay nazionale. «Il nome di Casini fa male ai nomi come il suo», riflette Branà.
Sarà per questo motivo, sarà per spirito di coalizione, sta di fatto però che Lo Giudice questa volta la pensa diversamente dalla sua comunità. «È chiaro – premette – che il profilo di Casini andrà spiegato. Ma dobbiamo sempre tenere a mente che siamo in una coalizione». E quindi bisogna saper stare alle regole. «Ai gay che dicono che non lo voteranno mai io invece dico votatelo, se non volete Matteo Salvini al governo».
Ma non c’è solo il pericolo leghista all’orizzonte. Per il senatore dei Democratici i tempi sono cambiati e Casini non è più l’avversario di un tempo. «Lui la legge sulle unioni civili l’ha votata», ricorda. Tesi di scarso appeal per Branà: «Prima però ha fatto di tutto per renderla monca. E poi se è per questo anche Alfano l’ha votata».