Corriere di Bologna

Cucina veneta, chef africano «Invito Salvini»

- di Maria Centuori © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Vorrei presentarm­i a Salvini e spiegargli che per legge sono un immigrato, anche se l’unica volta che mi sono sentito straniero è stata in Angola

Era il 1991 quando Manuel Dimba Monteiro con la sua famiglia è arrivato a Castel San Pietro dall’Angola per tentare la fortuna. Non c’erano le condizioni economiche per crescere tutti insieme e così a sei anni è stato affidato a un collegio, poi a una famiglia di Budrio. Valter e Mariarosa lo hanno cresciuto con altre due bambine adottate, una indiana e una coreana. Una famiglia allargata. Oggi Manuel ha 33 anni ed è papà di un bambino di nove, che a differenza sua è cittadino italiano. Dopo ventisette anni, per un cavillo burocratic­o e un certificat­o di nascita mancante, non ha ancora quel pezzo di carta che lo renderebbe giuridicam­ente italiano. «Ma la mia vita, la mia famiglia, il mio mondo sono qui», spiega Manuel con spiccato accento bolognese.

Si sente così tanto italiano da aver deciso di aprire un ristorante veneto nel centro di Bologna. Per l’inaugurazi­one, oggi, ha deciso di invitare anche il leader della Lega, Matteo Salvini. «Vorrei presentarm­i, spiegargli che per la legge sono un immigrato. Ma l’unica volta che mi sono sentito straniero è stato quattro anni fa quando sono andato per la prima volta in Angola a cercare di prendere gli ultimi documenti per diventare quello che in realtà sono: un italiano. Mi sarei dovuto fermare quindici giorni, sono rimasto due mesi e ho avuto paura di non poter rientrare a casa, a Budrio. Sono tornato senza quel certificat­o. È assurdo, esisto e sono vivo, ma giuridicam­ente non sono in regola. La politica ha le sue responsabi­lità».

Con sé porta sempre la carta di soggiorno a tempo indetermin­ato, legata a residenza e lavoro. Da quattordic­i anni ha un contratto in un’importante azienda bolognese e proprio per lavoro molto spesso è andato in Veneto. Lì ha scoperto la passione per il cibo di quella terra. Così, assieme alla sua socia Laura Prandin, ha deciso di mettersi in gioco ancora, a pochi passi dai luoghi dove si è recato più volte per i permessi di soggiorno. Il ristorante El saor, che in veneto significa sapore, è in via Cesare Battisti, a qualche decina di metri da piazza Roosevelt e dalla Questura, dove Manuel negli ultimi 27 anni ha trascorso lunghe giornate per i rinnovi: «Perché ai 18 anni l’affido decade e così anche il legame giuridico con la famiglia. Ma quella che ho qui è la mia famiglia».

«Rispetto ad altri ero fortunato, in Questura a far la fila con me per il permesso di soggiorno c’erano sempre i miei genitori italiani. Stanno vivendo come me quest’odissea per la cittadinan­za da quando ho compiuto 18 anni. Non è giusto che poi finiamo tutti per essere etichettat­i come delinquent­i, è vero l’immigrazio­ne va controllat­a, ma bisogna dare l’opportunit­à a chi vive come me di esser grati al proprio Paese. Io faccio impresa, sono cresciuto in Italia, ho avuto due famiglie».

Oggi Manuel ha un desiderio: sentirsi normale, senza il timore di essere rimpatriat­o prima o poi. «Faccio tutto quello che fa una persona normale, anche per questo vorrei a cena Salvini e la consiglier­a Lucia Borgonzoni. I miei genitori mi hanno sempre detto che per abbattere la diffidenza bisogna farsi conoscere. Io voglio far questo. Voglio presentarm­i e il colore della pelle non sarà un limite. Non sono mai stato preso di mira per la mia pelle nera, ma gli sguardi delle persone alle volte pesano. Per mio figlio è diverso, mi chiede se quando crescerà diventerà nero come me. Secondo lui la gradazione del colore della pelle aumenta con gli anni», sorride.

 ?? Il lancio ?? Manuel Dimba Monteiro insieme alla socia Laura Prandin: oggi inaugurera­nno il ristorante veneto El Saor in via Cesare Battisti
Il lancio Manuel Dimba Monteiro insieme alla socia Laura Prandin: oggi inaugurera­nno il ristorante veneto El Saor in via Cesare Battisti

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