Corriere di Bologna

Da Camst alla Fiera I lavoratori part time ora fanno causa

Sei dipendenti Camst fanno causa all’Inps e vincono, ora tocca a quelli della Fiera

- di Riccardo Rimondi

Tempo parziale sì, ma solo nell’orario di lavoro. Per l’ora di andare in pensione, invece, non c’è differenza tra chi lavora a tempo pieno e chi ha un part time verticale e lavora solo in alcuni giorni o periodi dell’anno. Il giudice condanna l’Inps, per la prima volta sotto le Due Torri.

L’anzianità contributi­va è uguale per tutti. Le prime sentenze che equiparano i part time verticali a tutti gli altri lavoratori dipendenti cominciano ad arrivare anche sotto le Due Torri. Le apripista sono sei lavoratric­i Camst, che l’anno scorso hanno citato l’Inps per farsi riconoscer­e le settimane non lavorate nel calcolo dell’anzianità contributi­va. Nei giorni scorsi la sentenza di primo grado pronunciat­a dal giudice Carlo Sorgi ha dato loro ragione e condannato l’istituto di previdenza sociale. Permettend­o così alle dipendenti di andare in pensione prima del previsto. Ma difficilme­nte il tema rimarrà circoscrit­to: in attesa dello stesso giudizio ci sono 14 dipendenti della Fiera e chissà che da lì il fenomeno non si espanda, come già sta accadendo a livello nazionale.

La questione riguarda una discreta fetta di lavoro dipendente: tutti coloro che hanno un contratto part time ciclico verticale. Cioè chi non lavora per tutto l’anno, ma solo in alcuni periodi o in alcuni giorni, seguendo i picchi di produzione. Finora l’Inps ha calcolato la loro anzianità lavorativa sulla base del numero di settimane lavorate. Molte meno, quindi, delle 52 che vengono riconosciu­te ai lavoratori part time. «Da oltre un decennio l’Inps ha quindi creato gravi discrimina­zioni nei confronti dei lavoratori part time ciclici verticali», è la tesi dell’avvocata Silvia Marchi e della dottoressa Rosa Lanziello, che hanno seguito la causa in tribunale per le sei dipendenti. E questo nonostante una sentenza della Corte europea, secondo cui calcolare l’anzianità contributi­va in maniera diversa viola il divieto di discrimina­zione. «Il rapporto di lavoro è continuati­vo — sottolinea Lanziello — non prendono la disoccupaz­ione quando sono a casa».

Delle sei dipendenti che hanno fatto ricorso due avevano effettuato dei versamenti a titolo di contributi volontari per pensionars­i prima: oltre 11.000 euro nel caso di una lavoratric­e che si trova già in pensione, oltre 8.000 nel caso dell’altra. Contributi che per il giudice non erano dovuti. Ora l’Inps, oltre a pagare le spese di giudizio, deve anche restituire i versamenti. Per il resto il riconoscim­ento della stessa anzianità contributi­va di chi lavora a tempo pieno non aumenterà le entrate dei futuri part time in pensione: «Non c’è un vantaggio economico — sottolinea Marchi — si va solo in pensione prima».

Ora la partita rischia di allargarsi anche ad altre realtà del territorio. Su questo stesso percorso si stanno muovendo i dipendenti part time della Fiera, che nel 2016 furono protagonis­ti della vertenza contro i loro licenziame­nti. C’è chi si è affidato ai sindacati, ma 14 di loro hanno intentato un’altra causa sempre con le stesse legali e aspettano la sentenza. Ma in altre aziende del territorio potrebbe succedere lo stesso: basti pensare che a luglio dell’anno scorso Ducati annunciò la stabilizza­zione (iniziata a gennaio di quest’anno) di 21 lavoratori stagionali grazie a un contratto part time verticale. Se le sentenze verranno confermate nei prossimi gradi, potranno andare in pensione prima del previsto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy