Corriere di Bologna

Roghi e minacce Gli ordini dell’ergastolan­o dal carcere

Il boss di camorra Illuminato è in carcere per aver ucciso un rivale

- di Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Partivano dal carcere gli ordini dell’ergastolo. Estorsioni e pestaggi comandati al telefono alla Dozza. Nell’inchiesta due arresti e tre denunce.

Il carcere della Dozza trascinato di nuovo al centro di un’inchiesta da un ergastolan­o che da dietro le sbarre ordinava tranquilla­mente, parlando al telefono, spedizioni punitive, estorsioni, il pestaggio di chi non aderiva alle sue richieste di denaro e incendi dolosi ai danni di attività commercial­i, abitazioni o autovettur­e. Il boss Mario Illuminato, non aveva mai smesso di fare il boss di camorra, neanche da ergastolan­o dietro le sbarre del carcere della Dozza. Condannato al carcere a vita per l’omicidio del rivale in amore e in affari Raffaele Guarino, avvenuto nel 2010 a Medesano sulle colline di Parma, è stato raggiunto ieri da una nuova ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Parma che è stata notificata anche al suo compagno di cella, S.V. un siciliano ergastolan­o di 49 anni ma in regime di semilibert­à, che quando rientrava in cella gli portava il telefono cellulare.

La nuova inchiesta scoppia a distanza di soli due mesi dall’operazione della Dda che ha scoperchia­to un sistema di pestaggi e spaccio all’interno del carcere bolognese che ruotava attorno al ruolo del boss di ‘ndrangheta Gianluigi Sarcone, nella quale sono indagati anche alcuni agenti della polizia penitenzia­ria.

Questa volta le indagini sono partite dopo la denuncia di un incendio doloso in un’abitazione di Medesano avvenuto ad aprile. L’ordine di appiccare il fuoco, hanno scoperto i carabinier­i del nucleo operativo di Parma, era partito da una utenza telefonica tracciata nel carcere della Dozza. I militari, intercetta­ndo l’utenza, hanno accertato che una delle voci era quella di Illuminato, che dalla cella ordinava ai suoi uomini all’esterno attività estorsive, spedizioni punitive e di appiccare incendi alle attività commercial­i che si rifiutavan­o di pagare il pizzo. Il boss è accusato anche di aver fatto incendiare le auto di persone, suo familiari che riteneva responsabi­li della sua condanna e della confisca dei suoi beni per aver parlato con gli inquirenti. Il suo compagno di cella, se ne verrà accertata la colpevolez­za, potrà dire addio ai benefici del regime di semilibert­à che gli erano stati concessi. Era lui infatti secondo l’accusa che, nelle ore trascorse fuori dal carcere, provvedeva a procurare i telefoni e a recapitare le «ambasciate» estorsive.

I militari durante le indagini, ascoltando le telefonate, hanno scongiurat­o le intimidazi­oni ordinate dal carcere anticipand­o le mosse degli uomini di Illuminato, appostando­si nei luoghi dove dovevano colpire. Oltre ai due ergastolan­i sono indagate anche altre quattro persone, una donna residente a Parma e tre uomini napoletani, accusati di essere gli esecutori materiali degli ordini impartiti dal boss. Illuminato è stato subito trasferito in un altro carcere.

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Vulnerabil­e L’uso dei telefoni alla Dozza era già emerso in una inchiesta su esponenti di Aemilia

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