Corriere di Bologna

«Un po’ bolognese anch’io»

Carlo Verdone presenta oggi al Medica e al Fossolo il suo ultimo film «Benedetta follia». E dice: «Mio nonno materno, Aldo Schiavina, era della vostra città. Poi si trasferì a Roma»

- di Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ABologna ricordo il mio unico spettacolo andato male: era il 77. Mi chiamarono al Capitolino, dove si esibivano cabarettis­ti come Beppe Grillo, ma io facevo teatro sperimenta­le La vostra Cineteca è di prim’ordine Farinelli è un amico, anche se io sono nel consiglio di amministra zione del Centro sperimenta­l e di Cinematogr afia e con la Cineteca c’è anche un po’ di sana competizio­n e È un film dove io sono l’unico uomo in mezzo a un universo femminile, con Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante Della Rovere, Maria Pia Calzone, Paola Minaccioni. La parte forte del film è proprio il cast, con esordienti di talento come Francesca Manzini.

«Un pochino di sangue bolognese ce l’ho anch’io perché mio nonno materno, Aldo Schiavina, era di Bologna. Anche se poi si trasferì a Roma, dove divenne direttore del Monopolio Tabacchi. È grazie a lui se sono nato nella casa sopra i portici, che era del Vaticano». Quella casa a cui Carlo Verdone, classe 1950, ha dedicato il memoir pubblicato 4 anni fa, dove raccontava i tanti incontri che vi erano avvenuti, con Fellini e Zavattini, Pasolini e Alberto Sordi. Così Verdone, che sta percorrend­o l’Italia per presentare il suo ultimo film, Benedetta follia, parla del suo arrivo a Bologna, dove questa sera introdurrà le proiezioni previste alle 20,15 al Cinema Medica Palace di

via Montegrapp­a 9 e alle 21,15 al Cinema Fossolo di via Lincoln 3. Con lui l’attrice che lo affianca nel film, Ilenia Pastorelli, insieme agli sceneggiat­ori Nicola Guaglianon­e e Menotti, tutti e tre reduci dal successo de Lo chiamavano Jeeg Robot. Verdone, torna volentieri a Bologna?

«È una città di grande fascino dove vengo sempre volentieri. Una città universita­ria, vivace e piena di giovani, con i suoi portici e i palazzi rossi. Anche se a Bologna è legato il ricordo del mio unico spettacolo andato male». A quando risale? «Era prima che andassi a Non stop e prima di Un sacco bello, quindi al 77 o al 78. All’epoca facevo teatro sperimenta­le, ma con i miei personaggi. Mi chiamarono al Capitolino, di fianco al Cinema Capitol, dove andavano

cabarettis­ti di rilievo come Beppe Grillo». E lei cosa faceva?

«Io non ero certo il cabarettis­ta standard con la chitarra e tutto il resto. Così lo spettacolo fu un vero disastro e il pubblico rimase molto deluso. Anche se non fu tutta colpa mia». In che senso?

«Prima di me c’era un altro attore, Fosco Gasperi, che doveva cominciare alle 21,30 e invece iniziò alle 23. Nel frattempo a me venne sonno e, quando mi vennero a svegliare perché toccava a me, anche se ce la misi tutta oramai ero privo di verve. Tanto che mi lamentai con il gestore: “Ma ti sembra educato far esibire uno a mezzanotte?”. Per fortuna mi sono rifatto tornando tante altre volte a presentare i miei film». Lei è stato spesso ospite anche in Cineteca, vero?

«La vostra è una Cineteca di prim’ordine, dove sono venuto spesso. Il direttore Farinelli è un amico, anche se io sono nel consiglio di amministra­zione del Centro sperimenta­le di Cinematogr­afia e con la Cineteca di Bologna c’è anche un po’ di sana competizio­ne». Veniamo al film?

«Volentieri, in molti hanno detto che “Verdone è tornato a essere Verdone”. Ma io ho 40 anni di lavoro alle spalle e rivendico anche i miei film che rappresent­ano dei momenti di intermezzo, che mi sono serviti per sviluppare quanto avevo fatto in quelli degli anni 90». Le era stato rimprovera­to di essersi un po’ defilato…

«È vero che il pubblico era affezionat­o a vedermi come protagonis­ta e invece in molti film ho mandato avanti i miei attori, Giallini, Favino, la Cortellesi. Ma dopo tanti anni da

protagonis­ta di essere sentivo più regista. la necessità Poi, negli tornato ultimi al centro due della film, scena». sono In «Benedetta follia» è circondato solo da donne.

«È un film dove io sono l’unico uomo in mezzo a un universo femminile, con Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante Della Rovere, Maria Pia Calzone, Paola Minaccioni. La parte forte del film è proprio il cast, con esordienti di talento come Francesca Manzini».

Perché ha scelto di raccontare l’amore al tempo delle app?»

Dopo aver attraversa­to decenni raccontand­o aspetti della realtà, sono arrivato all’attuale fase di evoluzione nelle relazioni. Nel film Luna, interpreta­ta da Ilenia, è una ragazza di periferia che diventa commessa del negozio di articoli sacri del mio personaggi­o. Eppure lei riuscirà a rimettermi in pista dopo il crollo del mio matrimonio».

Come mai ha deciso di mettere insieme due personaggi così lontani?

«In realtà lei è una ragazza di buon senso che mi da buoni consigli. Ma anch’io alla fine aiuto lei, quasi in un rapporto padre-figlia. Così troveremo entrambi l’amore, ma non sulle chat. Scopriremo che ce l’avevamo a 30 centimetri senza rendercene conto».

Cosa ne pensa invece degli sconfortan­ti incassi del cinema italiano?

«Non capisco perché ci si stupisca, è un po’ come il crollo del pubblico televisivo. Oggi un film che incassa 7 milioni è un successo. Purtroppo abbiamo perso molti giovani che sono andati verso Internet o le serie Tv. L’unica cosa che possiamo fare noi autori è realizzare film scritti meglio, un peso nella crisi ce l’hanno i tanti, troppi film brutti e scritti male».

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