Teatri di vita, stagione «resistente»
La realtà di Stefano Casi e Andrea Adriatico ha compiuto 25 anni e rilancia con un programma, come sempre impegnato, contro i fascismi rinascenti. Si comincia il 24 gennaio
Casi Sembra stia tornando quel male oscuro dell’occiden te che si chiama fascismo. E allora noi celebriamo i 25 anni del nostro teatro all’insegna della resistenza ai rigurgiti di un passato oscuro, intitolando la stagione «Di tutta l’erba un fascio».
«Irruzione di naziskin in un centro per migranti a Como. Un corteo di casa Pound col saluto romano per le strade di Roma. Un partito xenofobo al potere in Austria. Atti di quotidiano bullismo, razzismo, intimidazione, violenza. Sembra stia tornando quel male oscuro dell’occidente che si chiama fascismo. E allora noi celebriamo i 25 anni del nostro teatro all’insegna della resistenza ai rigurgiti di un passato oscuro, intitolando la stagione Di tutta l’erba un fascio». Così il direttore di Teatri di Vita, Stefano Casi, presenta la nuova stagione, illustrata da un’immagine che vede sbucare dalla torta di anniversario figure con il braccio proteso nel saluto del Ventennio.
Saranno 13 tra spettacoli e concerti, con una mostra, con un abbonamento a tutte le serate di 89 euro. Cercheranno di tracciare fili di storia e memoria e di osservare i nuovi fascismi, quelli senza orbace e fez di oggi, che si manifestano nell’intolleranza verso la diversità, nella xenofobia, nell’omofobia. Ci saranno anche una rassegna di film selezionati da un’adolescente (Skermi ribelli) e tre incontri (in via di definizione) per riflettere sui temi considerati.
Ieri il programma è stato annunciato al pubblico nel corso di una tombola teatrale, che ha assegnato riconoscimenti anche allo spettacolo votato dal pubblico come migliore del 2017 (il bellissimo
La vita ferma di Lucia Calamaro) e allo spettatore più assiduo (Luigi Cornazzani). Soprattutto è stata una festa di compleanno: Teatri di Vita aprì i battenti il 13 gennaio 1993 nel segno di un impegno teatrale dal segno politico, che guardava anche alla danza al cinema e alle arti visive. Il primo capannone, in via del Pontelungo, a poche centinaia di metri dall’attuale sede di via Emilia Ponente 485, ospitò per incominciare una rassegna intitolata Schegge di gioventù, voluta da una ventina di ragazzi che avevano partecipato all’entusiasmante esperienza di Oplà noi viviamo di Adriatico da Toller al festival di Santarcangelo. Quel lavoro era una corsa senza sosta su un tronco di autostrada con pensieri, parole rappate, disgusti, insoddisfazioni politiche; un rifacimento del testo composto all’indomani della Prima guerra mondiale in un’altra temperie di crisi e di necessità di ricostruzione (veniva ricordato il recente omicidio di Falcone). Il nuovo spazio portò a Bologna cose che mancavano, in una città più provinciale di ora, da Barberio Corsetti all’Edipus con Sandro Lombardi, alla prima uscita delle Ariette, a vari spettacoli della Socìetas Raffaello Sanzio, soprattutto Masoch e Amleto, il titolo che ha influenzato un’intera generazione teatrale. Poi Teatri di Vita si spostò in uno stanzone in via del Pratello, con un sorprendente ingresso, ogni sera. Nella biglietteria non c’era la porta: essa veniva ricavata facendo ruotare il botteghino stesso. Altre rivelazioni: dall’Antonio Rezza con Flavia Mastrella del deformante, divertentissimo, cattivissimo
Pitecus agli inglesi Aids Positive Underground, a vari altri complessi anche stranieri. Poi Loris Ropa, il compianto presidente del quartiere Borgo Panigale, cui è dedicata l’attuale stagione, operò per favorire il trasferimento nella sede odierna, dopo un opportuno restauro.
Tutte queste radici, la politica, la danza, la scoperta del nuovo, la ricerca divenuta maestria, ritornano oggi. Non a caso il nuovo cartellone si apre ancora nel segno della Raffaello Sanzio, con quella speleologa, archeologa, futurologa della voce che è Chiara Guidi, impegnata a ripercorrere un’àncora contro la barbarie, alcuni canti dell’Inferno del padre della nostra cultura, Dante (con il violoncello di Francesco Guerri). Seguirà la mostra Ahi, Rachele di Rachele Palladino. Il 2 febbraio debutterà la nuova creazione di Andrea Adriatico, M il nostro
di Predappio una riflessione sul ritorno dei fascismi. Al genio sregolato e dissacratore di Werner Schwab, scrittore punk contro i conformismi e i neonazismi austriaci, è dedicato SSKK della giovane compagnia diretta da Dante Antonelli. A esperienze nascenti ma già di valore è riservato un filone della rassegna: ci saranno due spettacoli segnalati al premio Scenario, Faustbuch di Enrico Casale, sul successo e il conformismo nel mondo mediatico, e il generazionale Intimità di Amor Vacui. Piombo di Gipo Gurrado esplorerà il caso Moro e il terrorismo di 40 anni fa; l’affondo nella storia continuerà con uno spettacolo che ha per argomento Albert Speer, l’architetto del nazismo, di Kristian Fabbri, mentre a chiusura di stagione, dal 13 aprile, si vedrà
Mai morti di Renato Sarti, sulla nostalgia e il ripresentarsi dei fascismi.
Da segnalare ancora due spettacoli di culto: Fa’afafine di Giuliano Scarpinato (anche per bambini), premiatissimo e osteggiato dalle destre per il messaggio di libertà e tolleranza che esprime con la storia di un ragazzo che un giorno è bambino, uno bambina, uno dinosauro o ornitorinco; poi Al presente di Danio Manfredini, dolorante viaggio nelle marginalità e nelle diversità.