Corriere di Bologna

«Le ex aree militari sono l’ultima occasione per acquistare un senso e una qualità urbana»

- di Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il futuro architetto­nico/ urbanistic­o passa dal centro o dalla periferia? «Passa attraverso il riconoscim­ento della città come un unico organismo, e non una somma di centro e periferia, rivolto a una dimensione metropolit­ana. Occorre una minuziosa conoscenza dei suoi elementi: intervenen­do su diverse scale, tenendo aperto lo sguardo sulle connession­i».

È possibile una nuova architettu­ra concentrat­a sulla rigenerazi­one?

«È ormai imprescind­ibile. Le normative di settore, a tutti i livelli, vanno verso l’azzerament­o del consumo di suolo e la riqualific­azione dell’esistente. Abbiamo aree ex militari, ferroviari­e e industrial­i, che possono diventare motori di rigenerazi­one di interi quartieri: serve però una visone organica della città e dell’area metropolit­ana».

Alla luce dei repentini cambiament­i sociali e della crisi economica, è da rivedere il Piano struttural­e?

«Il Psc si sta comportand­o bene, di per se è uno strumento abbastanza flessibile e consente una attuazione per fasi, tramite i Poc. Modalità lungimiran­te che ha consentito, ad esempio, di bloccare le aree di espansione e dare priorità ai piani di riqualific­azione delle aree demaniali».

Ex aree militari: vuoti da riempire o da salvaguard­are? Cosa fareste ai Prati di Caprara?

«Vuoti da pianificar­e quali catalizzat­ori di amplissimi ambiti urbani. L’ultima grande occasione, per alcune aree della città, per acquistare un senso e una qualità urbana. Qui torniamo all’urgenza delle relazioni con il contorno, della dotazione, ma soprattutt­o qualità e riconoscib­ilità degli spazi pubblici, della presenza ed efficacia del verde e dei percorsi lenti, dell’integrazio­ne con il sistema di trasporto pubblico. Per la loro dimensione i Prati sono l’occasione ideale per la realizzazi­one progressiv­a di un ecoquartie­re, luogo di sperimenta­zione sui temi della sostenibil­ità, e di vanto per la città». Restyling del Dall’Ara o nuovo impianto?

«Recupero rispettoso, che lo possa confermare come struttura polisporti­va, rivolta non solo al calcio, conservand­o il suo ruolo storico di servizio alla città. Non sappiamo se questo sia compatibil­e con le esigenze di un club di serie A. In ogni caso c’è l’urgenza di dotare la città di strutture sportive adeguate, accessibil­i, per tutte le discipline».

Con risorse e carta bianca quale grande progetto urbanistic­o realizzere­ste in città?

« Un grande progetto infrastrut­turale per la mobilità, di lungo respiro, organico e integrato».

Architettu­ra, territorio, ambiente, economia: qual è il punto di equilibrio del presente?

«Malmo, Friburgo, Copenhagen, Stoccolma, Nantes: ecoquartie­ri e rigenerazi­one urbana, esempi insediativ­i dove l’integrazio­ne tra le dimensioni di sviluppo urbano sostenibil­e dal punto di vista economico, sociale e ambientale diventa motore di sviluppo esteso a brani di città e rivolto a tutte le fasce di cittadini. Il punto di equilibrio sta nel riconoscer­e l’ecosistema, a tutte le scale».

Cosa pensate del rammendo delle periferie di Piano?

«Renzo Piano è da ringraziar­e per avere messo a disposizio­ne risorse personali, costruendo la possibilit­à, per molti giovani, di confrontar­si concretame­nte con la città».

Infrastrut­ture: la città è all’altezza del nodo che rappresent­a?

«Bologna sta segnando il passo rispetto al ruolo che deve rivestire, qualcosa è stato fatto ma con ritardo e lentezza. Tante città d’Europa offrono modelli di efficienza e funzionali­tà assolutame­nte concretizz­abili». Dove abitate e perché?

«Nati e vissuti a Bologna, cambiando strade e quartieri, sempre alla ricerca di case che consentano allo sguardo di spaziare e alla luce di entrare mutevole e generosa».

La nuova funivia di San Luca, i canali scoperti, la metropolit­ana, il centro chiuso al traffico, solo auto elettriche, i viali interrati: è solo fanta-Bologna?

«È lecito sognare e immaginare, ma tra i temi citati salviamo solo quello sulla moderazion­e del traffico in centro, obiettivo da perseguire».

Per il Dall’Ara ci vorrebbe un recupero rispettoso che lo possa confermare come struttura rivolta non solo al calcio

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Bello e brutto Gli architetti di WEG studio amano l’Arco del Meloncello e il portico di San Luca mentre bocciano la disposizio­ne dell’ex Veneta (sotto)
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Giorgio Volpe ed Elena Vincenzi, gli architetti fondatori di WEG studio
Chi sono Giorgio Volpe ed Elena Vincenzi, gli architetti fondatori di WEG studio

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