Julian Rosefeldt introduce la proiezione al suo «Manifesto»
Videoinstallazioni, spesso concepite come inquadrature panoramiche proiettate in più canali. Sono il marchio di fabbrica del videoartista Julian Rosefeldt, nato a Monaco di Baviera nel 1965. Anche Manifesto nasce come un’installazione video che tratta dei più grandi manifesti artistici e storici e delle riflessioni di artisti, registi e poeti, interpretati e incarnati da persone comuni. Visto il suo successo, Manifesto si è trasformato in un film dalla durata di 107 minuti, che verrà presentato oggi alle 19, ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria allo 051/6474345, al Mast di via Speranza 42 dallo stesso Rosefeldt con Gian Luca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna. Nell’installazione originale si intrecciavano 13 vite differenti, attraverso ruoli proiettati su 13 ampi schermi. In essi, sparsi in modo caotico nella sala, era sempre presente l’attrice australiana Cate Blanchett, che incarnava personaggi molto diversi fra loro come un’economista, un’insegnante, un senzatetto, una burattinaia, una rocker e una scienziata. Nel film la Blanchett si destreggia tra i versi dei più grandi Manifesti della cultura occidentale, da quello del Partito Comunista (1848) fino a quelli artistici, dal manifesto del Suprematismo di Malevich al Dada di Tristan Tzara, dal Futurismo di Marinetti al movimento Fluxus di George Maciunas, senza escludere le riflessioni di André Breton, Yvonne Rainer, Sturtevant, Adrian Piper, Sol LeWitt e Jim Jarmusch. «Tutti questi autori — secondo Rosefeldt — hanno un bisogno irreprensibile di dire qualcosa al mondo. Attraverso il mondo dell’arte è il mondo intero che vogliono cambiare». Per questo Manifesto rende omaggio alla bellezza dei manifesti artistici, interrogandosi sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.
Guernica è il nome della cittadina basca che, prima al mondo, subì un bombardamento aereo, la sera del 26 aprile 1937 per mano dell’aviazione nazista. Quando la notizia si diffuse, Pablo Picasso stava realizzando un’opera che rappresentasse la Spagna all’Expò di Parigi. Il pittore decise all’istante di realizzare un pannello che denunciasse l’atrocità del bombardamento su Guernica e l’opera, 3,5x8 metri, fu realizzata in soli 33 giorni, preceduta da un’intensa fase di studio, testimoniata da ben 45 schizzi preparatori. Nelson A. Rockefeller, amico di Picasso e vicepresidente degli Usa nel 1974, per tutelarne l’integrità convinse l’artista a rappresentarla in arazzo grazie a Jacqueline de la Baume Durrbach, artista francese dalle dita d’oro capace di tessere un dipinto trasformandolo in arazzo. Per questo nel 1955 Picasso, diciotto anni dopo il primo Guernica, rifece l’opera su carta da pacchi. Ridisegnandola in sei strisce di cartone, larghe come un telaio, per essere da modello e guida per la tessitura dell’arazzo che alla morte di Rockfeller sarebbe stato esposto alle Nazioni Unite, dove si trova ancora oggi. Il cartone, di proprietà della famiglia Durrbach, dopo l’esposizione a Praga (2011-12), a San Paolo del Brasile (2014) e a Wròclaw (2014), sempre a cura di Serena Baccaglini, nell’anno in cui si è celebrato l’ottantesimo anniversario della creazione dell’olio di Guernica è stato esposto per la prima volta in Italia, in Senato. Da oggi (ore 10-18) al 28 febbraio sarà invece al museo Magi 900 fondato da Giulio Bargellini a Pieve di Cento nell’esposizione “Guernica, icona di pace”, dedicata al cartone realizzato da Picasso e raffigurante il suo capolavoro. «Accogliamo con piacere in Emilia-Romagna — ha detto l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti — questo capolavoro. L’opera diviene monito contro ogni futura strage e assume il valore di icona di pace. Con questa convinzione la Regione Emilia-Romagna negli ultimi tre anni ha raddoppiato nel 2018 i fondi assegnati alla cultura da inizio legislatura, con un aumento di 15 milioni su un budget complessivo di 36 e con l’obiettivo di triplicarli entro il 2020”.