EVVIVA I GIOVANI (E LE CORRENTI)
Largo ai giovani. Con tessera ben bilanciata. Virginio Merola rinnova la sua giunta facendo saltare l’assessora alla cultura quindici giorni prima di Arte Fiera e l’assessore alla sicurezza mentre cerca di raccapezzarsi nel solito guazzabuglio di piazza Verdi. Marameo a istituzioni economiche, sociali, culturali: Palazzo d’Accursio ha altre logiche.
Al posto dei silurati, arrivano due nati negli anni 80, belle lauree e scalata in pochi anni ai vertici Pd. A Bologna un tempo i sindaci dettavano legge alla federazione del partito e quando successe il contrario — Vitali — fu un disastro. Adesso Merola si piega a giochi interni Pd e chissà perché: dopo aver rincorso il milanese ex Pisapia (bastava una telefonata per capire come finiva), ha scelto di non cavalcare la sua autonomia di primo cittadino di una città pur sgangheratamente simbolica, comportandosi come un qualsiasi funzionario della miglior-peggior Dc. O del miglior-peggior Pd. Fa l’«accontentone», si ingrazia tutte le correnti di partito, aggrovigliate nelle candidature alle prossime elezioni politiche. Cosa ci guadagnino in tutto ciò il sindaco e soprattutto Bologna starà ai nuovi assessori tirarlo fuori dai loro sforacchiati cilindri: Marco Lombardo e Alberto Aitini. Nomi sbucati subito dopo l’incontro fra il segretario nazionale Matteo Renzi e quello locale Francesco Critelli sulle liste per le elezioni. Lombardo è renziano; Aitini è critelliano, come tale era stato pure candidato al cda di Hera (svariate decine di migliaia di euro, altri con stessa tessera lo avevano bloccato). Merola ha perso il congresso avversando Critelli, ora accontenta le ambizioni di due giovani sgombrando il posto in lista di Luca Rizzo Nervo (deciso dalla federazione) per il 4 marzo, suo candidato alla segreteria. Vincere paga, perdere pure. Merola rischia in un colpo solo di non onorare né i silurati — Bruna Gambarelli e Riccardo Malagoli, la prima scelta per accarezzare sognate periferie, il secondo per una sinistra dura e insieme d’ordine, non Pd entrambi — né i nuovi arrivati, né sé stesso. Per il Pd sarebbe bello non solo candidare Pierferdinando Casini, ma anche farlo responsabile dell’organizzazione: lui di correnti se ne intende. Paracadutato? Non insultiamo. Michele Anzaldi, nel 2013 imposto da Renzi, non ancora segretario ma perdente di successo, si è distinto per l’attenzione all’Emilia-Romagna solo per aver attaccato Orietta Berti, elettrice M5S.