Le lacrime di Gambarelli «Non me l’aspettavo»
L’INTERVISTA BRUNA GAMBARELLI
«Non serbo rancore», confida ma non nasconde il dolore «per non poter vedere i risultati di tanto lavoro». Un lavoro che rivendica con orgoglio. Bruna Gambarelli lascia l’assessorato facendo gli auguri al suo successore,«con cui ho sempre dialogato senza difficoltà» ma, chiude, «ho paura che la cultura perda centralità, ci vogliono competenze specifiche».
Addolorata, frastornata. Ma «orgogliosa» del lavoro svolto. Per una decisione a cui, in pratica, non riesce a dare una risposta. Se non ripetendo le scarne parole di Virginio Merola su governabilità e stabilità, che nemmeno lei sembra capire fino in fondo. Bruna Gambarelli, ormai ex assessore alla Cultura, rivendica i risultati del suo mandato appena interrotto dal sindaco. La sua speranza? «Che nulla vada perduto».
Quando l’ha informata il sindaco che le avrebbe revocato la delega? «L’altro giorno, quando poi lo hanno saputo tutti». Se lo aspettava?
«No, per niente. Ho sempre ricevuto da lui parole di apprezzamento. Anche nel congedarmi mi ha ringraziata per l’ottimo lavoro svolto». E quindi? Non le ha spiegato il perché?
«Lo dice chiaramente: si prende le responsabilità legate a ragioni di governo. Il sindaco si è preso un impegno nei confronti della collettività che amministra. Non serbo alcun rancore». Difficile da credere...
«Sono contenta di avere vissuto questa esperienza che è stata importantissima».
È durata un anno e mezzo molto intenso, le dispiace lasciare?
«Sì, sono molto dispiaciuta. Mi addolora perché sono stata chiamata per svolgere
un lavoro e non ne posso vedere gli esiti finali. Ho lavorato puntualmente, con tenacia e passione. Ho impostato molte cose e ho raggiunto risultati». Di cosa va più fiera?
«Di avere messo al centro dell’azione culturale le periferie, di avere chiamato a raccolta gli operatori per lavorare insieme: grazie ai bandi abbiamo acceso diverse convenzioni pluriennali. Ho poi rinnovato i protocolli con la Fiera, impostato Art City, ho avviato la riqualificazione di via Zamboni, il progetto Rock». Tra poche settimane inizierà Arte Fiera senza di lei.
«Art City è coordinato da Lorenzo Balbi, il responsabile unico del contemporaneo dell’Istituzione Musei che, a proposito, è stato nominato sotto il mio mandato». È cambiato anche il cda di Bologna Musei.
«E sembra funzioni, no? Con il progetto culturale su Boltanski ho portato in città 30 mila persone che hanno seguito non solo la mostra ma più di 30 iniziative. Ho cambiato format dell’estate e questo ha avuto successo; ho creato
la mappatura della città culturale che è uno strumento di lavoro importante».
È stata anche criticata. Sulla scelta low cost del Capodanno per esempio.
«Le critiche fanno parte del gioco. Anche sull’estate e sui bandi sono stata criticata eppure il pubblico ha risposto. E poi ho un record». Quale?
«Sono l’assessore che ha promosso più conferenze stampa di tutti. Vuole dire che di cose ne ho fatte».
Con Lepore avete sempre lavorato in parallelo ma mai insieme, crede che proseguirà il sentiero tracciato?
«Lo spero. Non abbiamo lavorato insieme ma sempre confrontandoci senza difficoltà. Gli auguro sinceramente buon lavoro». Eppure teme qualcosa...
«Lui detiene più deleghe. Ho paura che la cultura non sarà più centrale: è un patrimonio cittadino ha una sua specificità, occorrono competenze precise e bisogna dialogare continuamente con chi produce in questo ambito». Come ha fatto lei?
«Tutti gli operatori e le persone con cui ho avuto a che fare mi stanno esprimendo la loro vicinanza. È un bel segnale». Ora che fa? Torna nella compagnia Laminarie? «Mi fermo a riflettere».
Ho sempre ricevuto da Merola parole di stima e non serbo rancore Sono orgogliosa di quello che ho fatto, anche del Capodanno tanto criticato: la gente ha apprezzato Temo che con il mio successore, con tutte le cose di cui deve occuparsi, la cultura perda centralità: è un patrimonio con una sua specificità e occorrono competenze specifiche