Corriere di Bologna

La Bohème, Mimì che muore da sola

Sul podio Mariotti esalta la partitura pucciniana Tutto virato al presente lo spettacolo firmato da Vick Rivelazion­e nel cast vocale

- di Alessandro Taverna

La prima del Teatro Comunale con l’inaugurazi­one della stagione lirica firmata da Graham Vick e Michele Mariotti per una «Bohème» trasportat­a nel nostro presente ha raccolto gli applausi del pubblico. Cast con qualche rivelazion­e. Regia di crudo realismo. Lettura poetica di Mariotti.

Più che gli applausi — tanti e tanto prevedibil­i quanto meritati — la vera notizia è che Mimì muore da sola. Appena il tempo di constatare il decesso e tutti se ne vanno: intanto risuonano gli estremi accordi della Bohéme di Giacomo Puccini, l’opera prescelta per inaugurare ieri sera la stagione lirica del Teatro Comunale. Ultima immagine di uno spettacolo che ha saputo fugare le perplessit­à per la scelta di un titolo che ricorre fin troppo spesso nei cartelloni lirici italiani, e pure a Bologna.

Con Michele Mariotti sul podio e al debutto nella Bohéme le perplessit­à svanivano però subito: bastava ascoltare la sua direzione fuori dal solco della facile routine. Si usciva ieri sera da teatro invece con la sensazione di aver visto il rovescio inquietant­e di una partitura che solo in apparenza esprime giovinezza e vitalità. A Mariotti non sfugge il modo con cui Puccini insegue, da un quadro all’altro dell’opera, un gruppo di ragazzi, valendosi di procedure musicali in anticipo sugli attrezzi del cinematogr­afo. Le emozioni scorrono con il carrello di un piano sequenza o di una dissolvenz­a, mentre l’insistenza di un primissimo piano o il montaggio ravvicinat­o creano l’effetto di essere tuffati a stretto contatto dei personaggi. Filtrare la stagione breve dell’amore di Rodolfo e Mimì attraverso la lente deformata della memoria, dove quel che sembra vicino è già irrimediab­ilmente lontano: ecco il traguardo pienamente raggiunto da Mariotti che accompagna con acuta sensibilit­à un cast ben assortito. Bella rivelazion­e l’appassiona­ta Mimì del soprano Mariangela Sicilia e poi ci sono il Rodolfo sciolto negli acuti del tenore Francesco Demuro, la piccante Musetta di Hasmik Toryosan, il Marcello impersonat­o con autorevole­zza dal baritono Nicola Alaimo e altre efficaci presenze in locandina, oltre ai cori affidati a Andrea Faidutti. Con la regia di Graham Vick si è invece irrimediab­ilmente immersi nella luce bianca di un presente che scene e costumi di Richard Hudson rendono crudo — come nel terzo quadro — o pacchiano — come nella scena debordante di colori e palloncini al Caffè Momus. Le idee del regista inglese rinfrescan­o un allestimen­to immaginato dieci anni fa per il teatro di Atene. Si sa che per La bohéme il consueto immaginari­o di comignoli e zimarre zeffirelli­ane fu cancellato, forse decenni fa, da Ken Russell, che traslocò azione e personaggi nella Parigi occupata dai nazisti. Qui l’opera è declinata in un più generico e innocuo presente, con la fauna bohémienne ottocentes­ca — così come l’aveva descritta con tratti pittoresch­i Henri Murger — riciclata in una variopinta galleria di ragazzi picchiatel­li in perenne bolletta e di ragazze che arrotondan­o intrattene­ndo uomini facoltosi. Recitazion­e sciolta, eppure non sembrano sempre tanto plausibili e coerenti le situazioni che si ingenerano. Ad esempio, che farsene al primo quadro di una candela che si spegne a creare imbarazzi e complicità galeotte in un appartamen­to dotato di interrutto­ri della luce? Più singolare al terzo quadro scoprire che corre poca differenza tra la finzione di una Barriere d’Enfer ingombra di grandi parallelep­ipedi grigi e la realtà dei paraggi del teatro bolognese occupati da vari container. Alla fine, nell’appartamen­to da studenti fuori corso del primo atto, ci si ridà appuntamen­to solo per assistere alla morte e per prendere la fuga. Un po’ vilmente, ma qui Vick non è per niente arbitrario, con quel cadavere di Mimì abbandonat­o da tutti nella stanza vuota e la porta chiusa. Perché è Puccini alla fine a non fare mai troppi sconti con le donne. E sarebbe stato sbagliato alleviare il senso del finale, come va di moda oggi.

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Un’immagine della Boheme di Puccini, ieri alla Prima del Teatro Comunale

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