Due sorelle e un Béla Bartók «da paura»
Doppio appuntamento domani per Musica Insieme con Katia e Marielle che, in compagnia dei percussionisti Simone Rubino e Andrea Bindi, si cimenteranno con una difficile pagina del compositore (alla mattina per le scuole) e in un concerto serale
Ragazzi in pericolo. Sono tutti gli studenti che domani mattina al Teatro Manzoni vivranno un incontro ravvicinato con un capolavoro della musica del Novecento. Pericolosissimo e bellissimo — come sempre bellezza e pericolo si incontrano nella grande arte. A rendere ancora più spericolata l’esperienza dei ragazzi è la circostanza che l’incontro con l’opera avverrà senza ricorrere a quelle protezioni e precauzioni con cui le nuove generazioni sono indotte a rinviare — a quando poi? — la presa di possesso di tanti classici, a favore di un Bach liofilizzato o di uno Shakespeare all’acqua di rose o di un Caravaggio a fumetti. Stavolta il salto sarà senza rete, con tutta le vertigini che può procurare l’ascolto della Sonata per due pianoforti e percussioni di Béla Bartók. Sul palco del Teatro Manzoni quest’opera stupefacente la spiegheranno e la suoneranno i quattro solisti impegnati poi la sera per il pubblico della rassegna di Musica Insieme. E tra i quattro interpreti va ricordata una coppia di pianiste di fama internazionale: a sedere alle tastiere dei due gran coda ci saranno infatti Katia e Marielle Labèque, per l’occasione insieme a Simone Rubino e Andrea Bindi, a spartirsi il ricco parco di percussioni necessarie per l’esecuzione del capolavoro del musicista ungherese. «Tutti i progetti che favoriscono l’educazione sono importanti», — spiega Katia Labèque che con la sorella e i due percussionisti ha accettato volentieri l’invito di Musica Insieme a presentarsi sul palco già la mattina». «Questo incontro e un esempio di tutte le cose che si possono fare, e che si devono fare per mantenere la musica viva nella mente dei giovani studenti». Domani sera la Sonata per due pianoforti e percussioni del compositore ungherese concluderà un programma dove le celebri sorelle suoneranno ancora Bartók — con una sequenza tratta da Mikrokosmos — e alcune delle Danze Ungheresi di Johannes Brahms. Con le due pagine per percussioni, tra l’America di Bryce Dessner e il Giappone di Maki Ishii, si apre ancor più l’orizzonte sonoro della serata, segnata comunque dalla pericolosa seduzione esercitata dalla musica di Bartók ed in particolare dalla sua Sonata. «Mi sono progressivamente persuaso — dichiarò il compositore a riguardo dell’opera commissionatagli alla fine degli anni Trenta — che un solo pianoforte non sarebbe bastato a controbilanciare il suono penetrante della percussioni». Ne sortì una Sonata senza precedenti e di insidiosa bellezza. C’erano timpani, triangoli, gran cassa assieme a decine e decine di martelletti con cui il pianoforte, come ad uno specchio, si svela per uno strumento a percussioni. La Sonata riflette in maniera esemplare quel che significava la parola musica per Bartók. Presenza corporea, materia da modellare, soggetto da scolpire. Non più armonia o disarmonia, ma violenza e dolcezza, purezza e seduzione sprigionate dal suono. Bartók aveva cercato e trovato nei ritmi e nei colori della musica popolare quel che non apparteneva a nessun canone classico o -anticlassico e che fertilizzasse le proprie opere in virtù di questa estraneità alla tradizione. La materia prende il sopravvento nella musica di Bartók, con una sequenza di effetti e mutazioni che non coinvolgono solo le forme musicali, ma il corpo stesso degli strumenti. Fra pizzicati e glissandi, il suono si genera e s’irradia nei sei quartetti, nella Musica per archi, percussioni e celesta, nella Sonata dove il pianoforte perde il proprio riflesso per ritrovarlo, diabolicamente, fra i martelletti che dichiarano l’uguaglianza a un paio di timpani. La musica come cosa: Bartók lancia un inequivocabile segnale quando immagina Il castello del duca Barbablu, opera teatrale dove i due personaggi in scena non sono la presenza più significativa e rilevante. Il vero protagonista dell’unica incursione del compositore nell’opera è il castello: lo suggeriscono i suoni che ne registrano il respiro delle mura, l’umidità, le sette porte, le collezioni di armature e di pietre preziose, lo stillare del sangue delle spose uccise e perfino l’ombra generata dell’edificio e pronta, alla fine, ad inghiottire il sadico proprietario...
Katia Tutti i progetti che favoriscono l’educazione sono importanti Questo incontro è un esempio di tutte le cose che si possono fare, e che si devono fare per mantenere la musica viva nella mente dei giovani studenti