LA CITTÀ INCLUSIVA PUÒ FARE DI PIÙ
Nella giornata mondiale del rifugiato del 14 gennaio, papa Francesco ha indicato le quattro parole per costruire insieme la casa comune, ovvero la convivenza piena di pace e speranza. Per l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, le quattro parole (accoglienza, protezione, promozione e integrazione) sono i pilastri su cui innalzare la città del futuro. Fin dal suo arrivo nella diocesi bolognese, Zuppi è stato un instancabile costruttore avendo un’idea di città altra da quella fortificata da muri e da porte. Un’idea che si richiama ai valori cristiani e che vuole fare di Bologna una società amica dei meno fortunati e inclusiva di chi è costretto a fuggire da guerre e miseria. Il vescovo è ritornato perciò, dopo la recente visita del Papa, nella struttura di prima accoglienza di via Mattei, dove insieme al parroco Matteo Prodi ha detto messa davanti a tanti immigrati. Come dire: cari bolognesi, questa struttura è parte integrante della città e i suoi ospiti sono persone in attesa che qualcuno tendi la mano per non tramutare la loro tragedia in disperazione.
Zuppi e don Prodi sono testimoni di una grandezza d’animo che dovrebbe contagiare un po’ tutti noi. Bologna deve ritenersi fortunata perché può contare su una guida spirituale e umana, come quella dell’arcivescovo, che cerca di allargare gli spazi dell’accoglienza e della solidarietà. La preziosa eredità lasciata dai cardinali Biffi e Caffarra viene vivificata da Zuppi con opere di misericordia. Della sua missione si dovrebbero giovare anche quanti si professano laici o non credenti. L’arcivescovo ha sempre dato testimonianza di fratellanza ai cattolici come agli atei, perché ognuno possa fare proprio il valore ecumenico di quel dialogo che facilita l’aiuto reciproco verso il cammino di un nuovo umanesimo.
Bologna accusa a livello locale i malesseri e le ingiustizie di uno sviluppo globale che moltiplica le ricchezze di pochi sulle misere spalle di molti. Le diseguaglianze crescenti portano l’arcivescovo a sottolineare che la parola «integrazione» è quella su cui urge impegnarsi con più coraggio. A questo fine, purtroppo, il progetto «Insieme per il lavoro», promosso e finanziato dalla Curia e dal Comune, sembra trovare tempi troppi lunghi di applicazione. Chi ha un bisogno disperato di avere un lavoro e una casa vorrebbe trovare un’amministrazione locale meno burocratica e più fattiva.