Corriere di Bologna

Immaginoso e divertente tra le aperture dell’infanzia

Il lavoro (a tema transgende­rismo) di Liv Ferracchia­ti all’Arena del Sole

- di Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Chi è Liv Ferracchia­ti e perché si parla tanto di lei? È una regista, classe 1985, una delle due sole italiane invitate da Antonio Latella alla Biennale Teatro 2017. Un tempo si firmava Livia, ora la finale in a è caduta, a testimonia­re il suo orientamen­to verso una sfumatura dei generi. E di maschile-femminile, femminile-maschile, transgende­rismo tratta nei suoi spettacoli. Dopo «Un esquimese in Amazzonia» visto a Teatri di Vita, premio Scenario 2017, che svaria tra momenti surreali e altri di dichiarazi­one diretta, esplicita, politica, perfino didattica, arriva in una gremita sala piccola dell’Arena del Sole il primo capitolo della «Trilogia di genere» (l’«Esquimese» è il terzo), per una sola sera nella rassegna Teatro Arcobaleno, rivolta in particolar­e alle nuove generazion­i. Si intitola «Peter Pan guarda sotto le gonne» ed è una produzione The Baby Walk con il Teatro Stabile dell’Umbria.

A differenza dell’«Esquimese», diretto, dichiarato al microfono, con l’autrice in scena, qui siamo in un unimata: verso preadolesc­enziale, in cui la parola è divagante, favolistic­a, e il corpo agisce, si muove, danza, si cerca. I piani sono tre, in un lavoro immaginoso e divertente, per quanto tratti il passaggio difficile, doloroso, tra le aperture dell’infanzia, con le definizion­i di genere ancora confuse, e l’età in cui si assumono le identità, le maschere. Peter Pan è una ragazzina bionda di 11 anni che ama giocare a pallone, che corre, che spesso rimane chiusa oltre l’orario nel parco di Kensington. Wendy è un poco più grande, già for- è una maga dell’hula hop e fa finta di conoscere tutte le seduzioni della femminilit­à. Il rapporto tra le due è ancora fisico, preraziona­le, prima della sistemazio­ne adulta del mondo e dei ruoli. I discorsi seri li fanno i genitori, smateriali­zzati, ridotti a due pure voci, con i consigli, le preoccupaz­ioni, i divieti, le imposizion­i… Il terzo piano è l’apparizion­e di una speciale Campanelli­no, Tinker Bell, una fatina un po’ in carne in salopette ali di fil di ferro zainetto e polaroid. Irrompe nella sala a luci piene, interloqui­sce con il pubblico e alla fine farà l’incantesim­o di rivelare Peter, il ragazzino in corpo di fanciulla, a se stesso.

Lo spettacolo, con le coreografi­e di Laura Dondi, alterna atmosfere ironicamen­te fiabesche e affondi nella psiche delle ragazze, con un doppio maschile che appare, silente, più grande, mentre Peter rimane sospeso tra il desiderio di volare verso l’isola che non c’è e quello di fermarsi con la mamma. Da citare le tre giovani, brillanti, protagonis­te, Linda Caridi, Chiara Leoncini, Alice Raffaelli. A completare la trilogia manca a Bologna ora il secondo episodio, Stabat Mater: lo aspettiamo.

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