Sulle montagne senza barriere
Il corso organizzato dalla fondazione bolognese Silvia Rinaldi
Diciotto sciatori esperti accompagneranno sulle piste del nostro Appennino disabili giovani e non perché possano praticare gli sport invernali. Li ha formati la fondazione bolognese Silvia Rinaldi, onlus nata nel 2006, che ha progetti anche di alpinismo, arrampicata e altri sport da alta quota.
«Adoro la neve, il suo silenzio, il profumo della montagna innevata. E anche se quando lo faccio sono con un’altra persona, sciare mi fa provare una sensazione unica di libertà».
Silvia Parente, 48 anni e non vedente da quando ne aveva sei, è una sportiva a 360 gradi. Pattinaggio sul ghiaccio da ragazzina, un titolo italiano di arrampicata vinto qualche anno fa e ben quattro medaglie alle Paralimpiadi invernali di Torino nel 2006. Proprio sulla scia dei suoi successi ai giochi, è nata a Bologna, nello stesso anno, la Fondazione Silvia Rinaldi, una onlus impegnata in diverse iniziative per la diffusione dello sport tra le persone con disabilità di vario genere e di qualsiasi età. Ci sono progetti legati ad alpinismo, arrampicata, nordic walking, handbike e bicicletta, ma soprattutto corsi teorici e pratici dedicati alla formazione degli accompagnatori. L’ultimo si è concluso da poco ed ha visto la partecipazione di 18 sciatori esperti, d’ora in poi disponibili, a titolo gratuito, per accompagnare sulla neve chiunque abbia bisogno di una guida per provare le stesse sensazioni tanto care a Silvia, attuale presidente della fondazione. «A questo corso ho partecipato anche io e la prima cosa che abbiamo fatto è stato sciare bendati insieme a un accompagnatore — racconta Matteo Brusa, segretario della onlus —. È stata un’esperienza molto interessante: solo così ti puoi rendere davvero conto che cosa significa dipendere da un’altra persona e non riuscire a interpretare alcun movimento fino a quando non c’è totale fiducia nei suoi confronti».
I corsi organizzati sono tutti misti, con bambini e adulti normodotati al fianco di non vedenti e di persone con disabilità motorie o con sindrome di Down. «Lo scopo è favorire l’integrazione attraverso lo sport — riprende Brusa —, tanto che durante i corsi non si parla d’altro se non di gesti tecnici o di come si è affrontata una curva. La disabilità rimane fuori da ogni discussione».
Sugli sci da quando era bambina, dopo aver frequentato un corso a Madonna di Campiglio a sei anni, Silvia è stata certamente fortunata ad avere dei genitori che l’hanno sempre incoraggiata. «Volevano che crescessi come mio fratello — racconta —. Rispetto a quando ho cominciato io, oggi le cose sono diverse, eppure tanti genitori ancora faticano a far praticare sport ai propri figli con disabilità perché hanno paura o perché temono di abbandonarli allo sbaraglio iscrivendoli. Le stesse preoccupazioni le vivono però anche i disabili adulti. Anzi, forse per loro lo scoglio mentale è ancora più grande, probabilmente perché per decenni sono rimasti chiusi in casa». Niente di più sbagliato. «Lo sport aiuta anche nella vita di tutti i giorni — sottolinea Silvia —. E poi ci si diverte insieme agli altri, perché grazie agli accompagnatori qualsiasi disciplina individuale si trasforma in uno sport di squadra». Lo sa bene anche Matteo Stefani, 25enne bolognese, cieco da quando aveva 3 anni, nel giro della nazionale paralimpica di arrampicata dal 2009.
«Poter toccare la parete, rimanere in verticale, staccarsi da terra, sentirsi liberi: sono queste le cose che più mi piacciono — dice —, senza dimenticare che tutto questo incuriosisce la gente e diventa un’ottima occasione per rompere il ghiaccio, andando oltre lo stereotipo del disabile».
Attiva anche oltre i confini bolognesi e portata avanti grazie a 5x1000, donazioni, fondi pubblici e privati, la Fondazione Silvia Rinaldi ha recentemente donato ai rifugi dei comprensori appenninici Cimone e Corno alle Scale sei carrozzine. «Il nostro compito è offrire a chiunque la possibilità di provarci — conclude Brusa — perché tutto ciò che fanno gli atleti disabili è possibile, anche senza raggiungere la nazionale o le paralimpiadi».