Corriere di Bologna

SUL TRENO CON SIMONE

- di Daniele Labanti @DLabanti

Mentre il dibattito nazionale si spaccava tra chi sosteneva la scelta di Simone Verdi (i bolognesi, certo, ma pure personaggi illustri come Roberto Mancini e Beppe Savoldi) e chi la criticava (anche in maniera incomprens­ibilmente feroce), il numero 9 rossoblù tirava dritto per la sua strada. Il suo treno, alla faccia di tanti, era diretto allo stadio Dall’Ara: ce lo ha portato puntuale (subito un’occasione da solo salvata da Belec in tuffo) e motivato, fresco (90 minuti giocati e tanti spunti) e lucido (tre assist, due e mezzo direbbero i puristi, ma pure la rete di Dzemaili è in parte opera sua). Nel convoglio di Verdi è salita tutta Bologna, caldissima nel tributargl­i il giusto omaggio, compresi i compagni di squadra e Roberto Donadoni che gli hanno messo al braccio la fascia di capitano.

Altroché il treno che non passa più. Verdi ha capito prima di tutti e meglio di tutti quanto fosse importante non lasciare le cose a metà. La sua crescita non è ancora finita. La partita di ieri ha messo in evidenza quanto possa essere decisivo per il Bologna — si è confermato il giocatore che maggiormen­te crea e influenza le occasioni da gol — e quanto possa trasformar­si in un calciatore a tutto campo. Non solo un’ala con piedi buoni sui calci piazzati, ma un leader, un trascinato­re tecnico, un’icona per i tifosi e un simbolo da seguire per alimentare la risalita del club. Uno che non si (s)vende, insomma.

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