Ingorgo ricorsi, gli sbarchi calano I processi no
Alla sezione speciale 350 pratiche in un mese. Decisione in 120 giorni: «Altamente improbabile»
Nonostante le novità introdotte dal decreto Minniti, Tribunale e Corte d’Appello rischiano ancora il collasso sotto il peso dei ricorsi contro i rifiuti di concessione di protezione internazionale. Al Tribunale ordinario di Bologna sono arrivati 2.300 fascicoli in otto mesi, in Corte d’Appello quasi 1.100 in un anno. Da agosto è stato cancellato il secondo grado di giudizio e in via Farini è stata istituita una sezione specializzata, ma solo tre magistrati si trovano ora a dirimere una marea di contenziosi. La nuova legge impone di decidere in 4 mesi.
Nonostante il decreto Minniti-Orlando abbia cancellato la possibilità di ricorrere in secondo grado, nonostante il drastico calo degli sbarchi, nonostante la riorganizzazione degli uffici giudiziari e le assegnazioni extra distrettuali dedicate esclusivamente al tema immigrazione dal Csm, in Tribunale e Corte d’Appello il rischio collasso sotto la mole dei fascicoli in materia di protezione internazionale è sempre all’ordine del giorno.
Al Tribunale ordinario di Bologna dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 sono arrivati 2.318 ricorsi contro i rifiuti della Commissione prefettizia di concedere la protezione internazionale: più di 250 al mese. A dicembre 2017 i fascicoli pendenti erano 2.524. Il trend si conferma stabile rispetto all’anno precedente, ma per avere solo un’idea della mole di lavoro, basti pensare che la sezione specializzata istituita ad agosto in un mese e mezzo ha ricevuto 352 fascicoli.
In Corte d’Appello, invece, che fino a pochi mesi fa aveva competenza sui ricorsi contro le sentenze del Tribunale, nell’anno giudiziario 2016-2017 (1 luglio 2016-30 giugno 2017) sono arrivati 1.095 ricorsi, 726 in più rispetto al periodo precedente, praticamente triplicati, così come sono triplicate le pendenze, passate da 430 a 1.240, nonostante i giudici abbiano definito 130 procedimenti in più rispetto all’anno precedente.
Ma negli uffici giudiziari di piazza dei Tribunali si può tirare un sospiro di sollievo perché, come il presidente Giuseppe Colonna aveva più volte sollecitato, il decreto Minniti-Orlando diventato legge ad aprile e contenente «Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale», ha abolito il secondo grado di giudizio. Da agosto contro i dinieghi del Tribunale ordinario, si può ricorrere solo in Cassazione.
Anche negli uffici di via Farini, però, il decreto ha portato una piccola rivoluzione di cui ancora non è possibile misurare la portata: da agosto è stata istituita, come negli altri Tribunali italiani, la Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE. Alla Sezione sono stati assegnati 3 magistrati togati (2 già in forze e un altro proveniente da un’applicazione extra distrettuale del Csm). A supporto della loro attività ci sono 10 giudici onorari dell’Ufficio del processo e altri 11 togati che partecipano a turno ai collegi, ma senza che gli siano assegnati casi da istruire. Poi è stata istituita la cancelleria protezione internazionale con 2 dipendenti, un funzionario e un cancelliere, e due tirocinanti, assunti con un contratto di stage, senza contributi nè garanzie, che possono lavorare massimo 50 ore al mese.
Fino ad oggi il tempo medio di definizione dei procedimenti in primo grado era di 8-9 mesi, quando ad occuparsi dei fascicoli era la prima sezione civile, che però doveva anche dirimere le cause in materia di famiglia, separazioni, divorzi e affidamenti di figli, con una media di 500 fascicoli all’anno per ognuno dei sette magistrati. Con l’istituzione della Sezione specializzata il Governo ha chiesto poi ai Tribunali uno sforzo in più: la chiusura dei procedimenti in 4 mesi, considerata dall’ufficio di presidenza «altamente improbabile, data la complessità delle ricerche delle informazioni sui paesi di origine e l’aggravio della procedura collegiale introdotta — filtra dal Tribunale —. Ciò nonostante si cercherà di ricondurre i procedimenti entro i limiti previsti dalla legge».
Il decreto, poi, ha introdotto anche in primo grado l’ulteriore novità della cancellazione dell’udienza, molto criticata dalle associazioni che si occupano di accoglienza e assistenza ai migranti perché impedisce il contraddittorio, e quindi potrebbe comportare una violazione del diritto a un giusto processo. Cancellando l’udienza è stato introdotto il rito camerale: i giudici, cioè, decidono sulla base del fascicolo inviato dalla Commissione prefettizia, con la videoregistrazione del colloquio, ma in casi complicati possono chiedere di ascoltare il richiedente asilo.
Solo fra alcuni mesi si potrà fare un bilancio di quanto le novità introdotte dal decreto abbiano sgravato gli uffici giudiziari. Questo sempre ammesso che i ricorsi già arrivati in Cassazione, tre o quattro da agosto, non riaprano i giochi: se la Suprema Corte dovesse esprimersi in favore dei migranti ricorrenti, dovrebbe intervenire a quel punto la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare anche la costituzionalità delle nuove disposizioni.
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