Minniti loda il modello Bologna E invoca un patto su mafia e appalti
È un città importante Bologna per Minniti. «Un pezzo di storia di libertà di questo paese. Il cuore pulsante della democrazia italiana». Anche la città che gli ha fatto capire come trattare lo spinoso tema della sicurezza. L’aneddoto è di vent’anni fa, quando la sinistra stava affrontando la campagna elettorale della disfatta che incoronò sindaco Giorgio Guazzaloca. Ad ascoltare il suo racconto, nella piccola sala del quartiere San Donato, cittadini, qualche parlamentare, il nuovo assessore alla Sicurezza Alberto Aitini e pure il suo predecessore Riccardo Malagoli.
Il ministro arriva puntuale a metà mattinata per parlare del piano per le periferie che grazie a 18 milioni porterà in dote anche una nuova caserma dei Carabinieri al Pilastro intitolata ai militari uccisi dalla Uno Bianca. Minniti si concentra sul tema a lui più caro, la sicurezza, e per farlo torna indietro con i ricordi, mentre fuori va in scena la protesta di Hobo. «Tanti disagi per trenta stalinisti», liquida la contestazione Merola, dopo che gli attivisti hanno bruciato una bandiera del Pd (la stessa rubata l’altra sera in una sezione in cui hanno fatto irruzione) e imbrattato con delle uova la sede dem di via Andreini (alla fine saranno dieci gli identificati).
Questo all’esterno, dentro invece Minniti racconta di quando arrivò sotto le Torri da sottosegretario alla presidenza del governo D’Alema perché gli allora Ds erano in difficoltà con la questione sicurezza. E allora lui snocciolò una serie di dati che avrebbero dovuto tranquillizzare i bolognesi. Invece un suo compagno di partito contestò le cifre, perché tanto sua moglie avrebbe continuato ad avere paura. «In quel momento ho capito che una grande forza di sinistra deve stare accanto a queste persone, ascoltarle e poi liberarle dalla loro paure. I populisti fanno il contrario: non li ascoltano per poi con quelle paure tenerli prigionieri».
C’è feeling pure con Merola, che ringrazia per quanto fatto sul fronte dei profughi («una città che ha fatto tanto per gestire insieme accoglienza e integrazione»), e in generale per quanto detto poco prima. Soprattutto quando il sindaco ha ricordato che in città per via dei finanziamenti arrivati in questi anni ci saranno investimenti per 1,5 miliardi. E che quindi sarà necessario tutelare dalle infiltrazioni mafiose con un osservatorio ad hoc i futuri appalti. Minniti è d’accordo e rilancia: «Nemmeno un centesimo di quel miliardo e mezzo dovrà finire nelle mani della mafia e della corruzione».
Merola ha ragione, nemmeno un centesimo di quel miliardo e mezzo arrivato a Bologna per opere pubbliche dovrà finire nelle mani della mafia e della corruzione