Psicodramma Nazareno Pd, c’è la grana Lo Giudice
Branà Casini dentro, Lo Giudice fuori La scelta del Pd è grave
L’infinita giornata del Pd sulla composizione delle liste fa scoppiare in città il caso Lo Giudice. Per tutto il giorno, tra le realtà omosessuali, si diffonde la voce che il senatore uscente, ex presidente nazionale di Arcigay, estensore con Monica Cirinnà della legge sulle unioni civili, non verrà candidato. Matteo Renzi non ha trovato per lui un posto nelle liste. Il tam tam è immediato e la sintesi a cui in diversi arrivano è la stessa: «Casini dentro, Lo Giudice fuori. È grave». Il primo a scriverlo su Facebook è il presidente bolognese di Arcigay Vincenzo Branà, ma altri lo seguiranno. «Gravissimo, senza di lui sarà un Parlamento più povero», interviene il presidente onorario Franco Grillini.
Ma non è solo la comunità gay in agitazione, c’è tutto un pezzo del Pd in subbuglio. L’area Orlando su tutte, che per tutta la giornata a Roma tratta con Renzi le sue quote senza raggiungere un accordo. Così la direzione nazionale, fissata alle dieci del mattino, viene rinviata più volte nel giro di poche ore fino ad arrivare a tarda sera. I Dem bolognesi che si trovano nella Capitale cambiano finché possono il biglietto di ritorno nel treno, poi esausti decidono di fermarsi a dormire lì. Chi è in città segue sui social montare la protesta del movimento lgbti. «Se confermata, l’esclusione di Lo Giudice sarebbe un’umiliazione non solo per la minoranza del partito, ma anche per la comunità lgbti», commenta sconfortata la consigliera comunale Roberta Li Calzi. Da poche settimane è anche una componente della segreteria del Pd bolognese e punta il dito verso la Federazione di via Rivani. «Che la più grande Federazione d’Italia del Pd taccia sull’esclusione di Lo Giudice dalle liste elettorali è prima di tutto un’offesa alla storia e ai valori di questa città».
A livello nazionale le accuse sono reciproche. Nell’area Orlando si parla di un veto di Renzi su Lo Giudice, dal Nazareno si dice che è stato il Guardasigilli a non aver messo il suo nome tra i primi della lista. Gli altri nomi che cercano conferme sulla presenza tra i dieci posti eleggibili tra Camera e Senato sono sempre gli stessi. L’alleato centrista Pier Ferdinando Casini, il deputato Andrea De Maria, il sindaco uscente di Imola Daniele Manca, l’ex segretaria dello Spi Cgil Carla Cantone. E poi i parlamentari Gianluca Benamati, Francesca Puglisi, Sandra Zampa, Marilena Fabbri, a cui vanno aggiunti l’ex assessore Luca Rizzo Nervo, il capogruppo regionale Stefano Caliandro, la vicepresidente della Regione Elisabetta Gualmini, senza dimenticare l’ex segretario dei Ds Piero Fassino.
È confermata la corsa di un altro ex segretario del partito, ma nelle file di Liberi e Uguali. Si tratta di Pier Luigi Bersani, che sarà candidato al proporzionale alla Camera. In tour nel modenese ieri ha sfidato i suoi ex compagni di partito: «Il Pd metta chi vuole. I duelli non ci interessano, per me van bene tutti». Da Liberi e uguali arriva anche la conferma che a correre al Senato sarà l’ex governatore di Viale Aldo Moro, Vasco Errani.