BUCHBINDER TRENTADUE SONATE
Domani sera il recital del grande pianista per Musica Insieme. Il musicista della Repubblica Ceca propone un repertorio che parte da Beethoven, di cui è in grado di eseguire l’opera omnia. In programma anche la Suite Inglese di Bach
«Trentadue sono le sonate che Beethoven ha composto per il pianoforte: trentadue come i denti dell’uomo — scrisse un giorno Alberto Savinio — Stampate le trentadue sonate per il pianoforte occupano quattrocento pagine. opera completa e gigantesca. È un errore, troppo generalmente e ripetutamente, considerare le trentadue Sonate per il pianoforte come altrettanti pezzi staccati e a se stanti. Le trentadue sonate per il pianoforte costituiscono un’opera da considerare nel suo assieme».
A considerarla come un’opera completa e gigantesca sono tanti pianisti. Pochi però sono i pianisti in grado di affrontare tutte e trentadue le sonate beethoveniane trasformando la propria interpretazione in un’opera altrettanto completa e gigantesca. Tra i grandi pianisti va annoverato Rudolf Buchbinder, che a Beethoven ha riservato una lunga fedeltà, attestata dai concerti, dalle incisioni discografiche e soprattutto da una rara sensibilità nel saper cogliere le variazioni di temperatura emotiva — e anche di meccanica dello strumento — che implica l’impresa di seguire Beethoven dalla giovinezza precoce dei primi esemplari alla maturità rivolta al futuro degli ultimi capolavori. Il grande pianista che ha festeggiato settant’anni e mezzo secolo di carriera torna domani sera a Bologna per la rassegna di Musica Insieme.
Sul palco del Teatro Manzoni il gran coda nero lo attende per un recital dove non poteva mancare Beethoven con la Sonata n. 21 in do maggiore op. 53 che prende il nome dal
conte Waldstein, protettore del compositore negli anni giovanili di Bonn. Ma il recital si apre con la Suite inglese in
sol minore BWV 808 di Johann Sebastian Bach, a segnare uno dei punti di riferimento della traiettoria estetica beethoveniana. Nella seconda parte della serata Buchbinder non lascia Vienna e affronta un musicista che come Beethoven ne è stato una vittima. La capitale austriaca non comprese il genio musicale di Franz Schubert. Con i
Quattro Improvvisi composti a fine di una vita brevissima, era riuscito a smaterializzare il pianoforte per cui questi pezzi sono destinati e a fare dello strumento puro spirito.