Corriere di Bologna

Alberto Giacometti nello sguardo di Stanley Tucci

- P. D. D.

Lo svizzero Alberto Giacometti, figlio di un pittore, è diventato celebre per le sue sculture che rappresent­ano figure umane dalle forme esili. Negli anni del surrealism­o frequentav­a a Parigi artisti come Mirò, Ernst, Picasso e scrittori come Prévert e Aragon. Nella capitale francese si consolidò anche la sua amicizia con James Lord, scrittore americano e appassiona­to d’arte, al centro del film Final Portrait di Stanley Tucci. Lord era di passaggio a Parigi quando Giacometti gli propose di posare per lui, con sedute che continuaro­no per 18 pomeriggi, rigorosame­nte annotate da Lord in un libro con 18 conversazi­oni e 18 ritratti, immortalat­i da foto prima che sparissero dalla tela. Il caotico processo creativo di Giacometti e la sua ossessione per il volto umano avevano da tempo attratto Tucci, attore in film come

Amabili resti e Il caso Spotlight ma anche regista di 5 film poco convenzion­ali, a cominciare da Big Night del 1996. Tucci arriva oggi a Bologna per presentare in anteprima il suo film, in uscita sugli schermi italiani da giovedì. In concomitan­za con Arte Fiera sarà alle 19 al cinema Lumière di piazzetta Pasolini per parlare del suo omaggio a Giacometti che ha richiesto una ventina d’anni d’attesa e che si è finalmente concretizz­ato in un film interpreta­to da Geoffrey Rush nei panni dell’artista scomparso nel 1966. «Al centro della storia — aveva raccontato Tucci presentand­o il film al Festival di Berlino — c’è un pittore, quindi i colori e la scenografi­a dovevano riprodurre la sua arte. In un primo tempo ho pensato a realizzare il film in bianco e nero, ma sarebbe stato troppo difficile da distribuir­e.

Final portrait è ambientato negli anni 60 a Parigi ma non volevo fornire un’immagine romantica della città, volevo invece un risultato molto reale

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