Certificati a scuola, la Regione apre
Gualmini: «Ho parlato con Venturi, siamo pronti ad avviare una discussione»
«Siamo pronti ad avviare una discussione». La rivolta di educatori e maestri, contrari alla norma che nel 2015 ha abolito l’obbligo per le famiglie di presentare il certificato per malattie di almeno cinque giorni, spinge la Regione ad aprire agli operatori che lavorano a stretto contatto con i bambini: «Se ci verrà presentata un’istanza, siamo disponibili a iniziare una riflessione, ma quella norma fu presa sulle basi di evidenze scientifiche», dice la vicepresidente di viale Aldo Moro, Elisabetta Gualmini. Il Comune: «In base ai nostri dati, le malattie non sono aumentate».
«In linea di massima i dati sulle malattie di personale e iscritti non confermano un peggioramento della situazione, perché il periodo di contagio è quello precoce dei primi giorni della malattia o dell’incubazione». Il direttore dell’Istituzione Educazione e Scuola del Comune, Maurizio Ferretti, difende il principio della norma regionale del 2015 e non è a conoscenza di un picco di malattie in seguito all’abolizione dell’obbligo di certificato medico per i bambini che tornano a scuola dopo cinque giorni di malattia. «I dati li abbiamo raccolti — spiega — e non c’è una situazione peggiore degli anni scorsi». E a confermarlo è anche Paola Vassuri, responsabile dei servizi Zerosei della Ies, che ha recentemente riferito sul tema in una commissione a Palazzo d’Accursio. «Negli ultimi cinque anni — spiega Vassuri — le malattie dichiarate dal personale e dai bambini non sono peggiorate, ma sono coerenti agli anni precedenti, non è cambiata la media delle frequenze. Insomma, non abbiamo un fenomeno di rilievo, se guardiamo i numeri che abbiamo raccolto». Perché dopo l’abolizione dell’obbligo, proprio per capire cosa sarebbe successo o cambiato, il Comune ha tenuto monitorato l’andamento delle malattie. E l’esito di questo monitoraggio non pare dare ragione al dato esperienziale delle maestre e degli educatori che ora chiedono la modifica della norma del 2015. «Diciamo che il certificato medico — continua Vassuri — costituiva più che altro un riferimento mentale, fungeva da mediatore sociale. Se tutti sono obbligati a portare il certificato di riammissione, ci si regola meglio. Ma quello che la Regione ha voluto fare con la norma è stato anche quello di valorizzare il ruolo genitoriale. Il genitore è il responsabile del minore, quindi deve esercitare quella responsabilità». Eppure chi lavora soprattutto nei nidi e nelle materne non è d’accordo. Bisognerà vedere se la raccolta firme partirà e come risponderanno le istituzioni alla questione posta dai lavoratori.