«Macerata? Dalla paura all’avviamento al terrorismo»
Betti guida la sezione speciale che fronteggia la marea dopo il decreto Minniti
Ingorgo ricorsi per le richieste di protezione internazionale. Gli uffici giudiziari sono al collasso, tanto che i procedimenti iscritti in Tribunale sono passati in quattro anni da 353 (del 2013) a 3197 (del 2017) e quintuplicati negli ultimi due anni. Una mole enorme di fascicoli da gestire, ognuno con una storia da valutare. Ogni mese sono oltre 300 i ricorsi che arrivano in via Farini ma se non siamo allo stallo poco ci manca. Da agosto, poi, con le novità del decreto Minniti, è stato cancellato il secondo grado in Corte d’Appello e in Tribunale è stata istituita una sezione specializzata formata, almeno sulla carta, da tre magistrati. A fronteggiare la marea per ora però c’è solo la giudice Matilde Betti, presidente della sezione speciale e magistrato di grande esperienza. Non è certo una resa ma i problemi sono tanti.
«Manca il personale. Nell’area amministrativa c’è una sola unità di cancelleria a tempo pieno, un’altra a tempo parziale, destinata alla protezione internazionale che gestisce 3.000 fascicoli l’anno: un carico di lavoro intollerabile — spiega Betti —. Quanto ai giudici, a Bologna ne sarebbero previsti tre ma ad oggi c’è n’è solo uno: il secondo dovrebbe arrivare a marzo, sei mesi dopo l’istituzione delle sezioni e il terzo ancora non è stato designato dal Csm. Così i ricorsi depositati dopo la legge Minniti sono ancora in attesa di assegnazione al giudice».
La nuova legge impone di decidere in quattro mesi. Crede sia un tempo sufficiente per istruire pratiche su cui si basa il destino di una vita, quella del richiedente asilo, che nel frattempo è in un limbo?
«Assolutamente sì, se solo ci fosse il personale a disposizione si potrebbe anche impiegare meno tempo. E invece, è tutto quasi fermo. Nonostante la volontà e l’impegno di chi lavora in questa sezione».
Così tanti ricorsi nell’immaginario collettivo potrebbero rappresentare un bisogno fittizio, è così?
«Il problema che emerge è che a volte il mancato riconoscimento della protezione dipende da modalità inadeguate di conduzione dell’intervista. Le commissioni di Bologna e Forlì-Cesena non hanno criteri troppo rigidi di valutazione ma evidenziano al loro interno una rilevante differenza nella qualità delle interviste ai richiedenti: si tratta di un problema generale collegato alla provenienza non professionalizzata dei componenti. A seconda di chi conduce l’intervista vengono acquisite informazioni più o meno utili a valutare la sussistenza dei presupposti per la protezione internazionale».
Come si può correggere il tiro?
«Il Ministero dell’Interno ha indetto un concorso e presto queste figure professionalizzate saranno operative nelle commissioni. Occorre una formazione per queste tematiche, anche noi giudici siamo in continuo aggiornamento».
C’è la sensazione che tra la grande mole di ricorsi in realtà ce ne siano molti privi dei necessari presupposti?
«Sicuramente nelle maglie di queste richieste finiscono anche altri bisogni. Che potrebbero essere per esempio quelli dei migranti economici. Ma il punto, invece, è che c’è un numero molto rilevante di persone che hanno i requisiti per richiedere e ottenere protezione. Vittime di persecuzioni molto gravi. Ma la percezione dei cittadini è un’altra, anche se queste storie non mettono a repentaglio la quotidianità di nessuno di noi. Paesi come la Giordania e il Libano hanno reali problemi legati a consistenti numeri di profughi sul loro territorio. Da noi piuttosto la questione è legata alla gestione dell’accoglienza».
Nessuna crisi per il nostro sistema di vita, quindi. Eppure a Macerata un ex candidato della Lega ha sparato a sei migranti. Cosa sta accadendo?
«A Macerata, l’autore che con il tricolore sulle spalle ha richiamato l’idea di patria, ci hanno spiegato che è una persona psicologicamente disturbata. Bisogna abbassare i toni perché giocare sulla paura può avere effetti deleteri su persone fragili che possono reagire malamente. Ho visto giovani stranieri psicologicamente fragili affascinati dai proclami violenti del fondamentalismo islamico: mi spaventa molto questa sorta di avviamento al terrorismo che trova più facilmente spazio in soggetti deboli. Non dimentichiamo la nostra esperienza degli sbarchi degli albanesi in Puglia nel ’91: 27.000 in marzo e 20.000 ad agosto che hanno creato serie difficoltà nell’accoglienza immediata ma di cui 15 anni dopo ci ricordiamo appena».
Nei fascicoli ci sono storie di bisogno reale che non mettono a repentaglio la quotidianità di nessuno di noi, paesi come Giordania e Libano hanno problemi reali legati a numeri consistenti di profughi sul loro territorio, non mi sembra si possa dire lo stesso qui da noi dove la questione è invece legata alla gestione della accoglienza
Le falle dell’ingranaggio Negli ultimi due anni i fascicoli sono quintuplicati e dei tre giudici della sezione al momento ce n’è solo uno. C’è poi una unità della cancelleria costretta a gestire 3.000 ricorsi l’anno, una situazione intollerabile
Immigrazione e sicurezza Macerata? Abbassiamo i toni, giocare sulla paura può avere effetti deleteri. Ho visto stranieri psicologicamente fragili affascinati dal fondamentalismo islamico: mi spaventa molto questa sorta di avviamento al terrorismo
Il nodo della formazione A volte il mancato riconoscimento della protezione dipende da modalità inadeguate di conduzione della intervista nelle commissioni, dove spesso non ci sono criteri troppo rigidi di valutazione: serve più formazione