Corriere di Bologna

M5S, nella lista delle Iene anche Bulgarelli e Sarti

Lo sfogo del bolognese Bernini, finito nel calderone: «Querelo»

- B. P. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le «mele marce», come la ha definite il candidato premier Luigi Di Maio, vanno cacciate. Ma dagli altri partiti nessuna lezione. È questa la linea del Movimento 5 Stelle anche in Emilia-Romagna. A tracciarla il capogruppo Massimo Bugani, che prende di petto la vicenda dei rimborsi truccati. «Cacceremo chi ha fatto finta di versare e non ha versato — promette — ma i partiti devono solo stare zitti. Non hanno mai restituito nulla e adesso si ergono a giudici». Intanto però, nella lista diffusa ieri sera da le Iene sui primi dieci nomi dei parlamenta­ri che avrebbero falsificat­o le restituzio­ni, spuntano i nomi della bolognese Elisa Bulgarelli e della riminese Giulia Sarti. «Sarà tutto chiarito», assicura la senatrice Bulgarelli. Mentre il deputato Paolo Bernini, finito nel calderone dei nomi sotto accusa, promette querele e rivendica di aver «restituito quasi 200.000 euro ai cittadini».

Qualche passo falso il M5S lo ha commesso, ammette Bugani, uno dei due soci rimasti dell’associazio­ne Rousseau (ieri l’europarlam­entare David Borrelli ha dato il suo

Bugani Cacceremo chi ha fatto finta di versare e non ha versato, ma i partiti devono solo stare zitti: non hanno mai restituito nulla e adesso si ergono a giudici Dall’Osso Quando ho visto arrivare tutti quei soldi per la prima volta non è stato facile, ma poi ho pensato ai miei amici del M5S e che c’era una sola cosa da fare

addio al movimento). «Certi controlli e comportame­nti sono stati trascurati». Tra i parlamenta­ri emiliano-romagnoli, quasi tutti in corsa per un bis alle prossime elezioni, la vicenda dei finti rimborsi imbarazza e disorienta. Pochi vogliono commentarl­a. Matteo Dall’Osso, deputato uscente e capolista alla Camera, non si tira indietro. Assicura che tutti i suoi bonifici «sono andati a buon fine» e dice anche di esserci «rimasto molto male» per lo stratagemm­a utilizzato dai colleghi del movimento. «Non potevo ipotizzare una cosa del genere». Non li giustifica, ma in un certo senso capisce cosa gli sia passato per la testa. Da ingegnere guadagnava 1.500 euro al mese e quando si è visto arrivare «tutti quei soldi in una volta sola non è stato facile», confessa. Insomma, anche lui qualche tentazione di fronte al primo assegno l’ha avuta. «Alla prima restituzio­ne sono andato in crisi — racconta — ma poi ho pensato ai miei amici del M5S e che c’era una sola cosa da fare: ridare indietro i soldi così come era stato deciso. Fatto quel rimborso, dopo non è stato più un problema».

Paolo Bernini, deputato uscente che difficilme­nte sarà riconferma­to (ha un posto tra i «supplenti»), respinge le voci che sono circolate nelle ultime ore su di lui. «Si dice che ci sia anche io tra i sospettati, ma non è così. I miei pagamenti — assicura — sono tutti andati a buon fine. Ho scoperto solo dopo questa storia che un bonifico si potesse ritirare. E comunque non l’avrei mai fatto, l’onestà paga». Su Facebook Bernini si abbandona a un lungo sfogo e promette querele. Il parlamenta­re però non entra nei dettagli e non spiega come mai per ben 8 mesi, nel 2017, il suo bonifico di restituzio­ne sia stato sempre di 1.677,62 euro. Uno dei punti, la reiterazio­ne degli importi, su cui si concentran­o i sospetti e le accuse di questi giorni sui grillini finiti nel mirino.

Va all’attacco intanto l’ex M5S Federico Pizzarotti. «La cosa grave della vicenda — attacca il sindaco di Parma — è che se ne debbano accorgere

le Iene. Se non riesci a controllar­e internamen­te i tuoi, come pensi di fare la lotta all’evasione?». Pizzarotti è però convinto che questa vicenda non influenzer­à il voto. «Qualche punto percentual­e, forse. Gli italiani sono così stanchi che “provare questi” sembra sia rimasta una cosa importante da fare».

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