Unibo, rifiutare il voto è legge
Obiettivo superare la discrezionalità dei singoli prof: ora non potranno più opporsi
Lo studente dell’Alma Mater potrà rifiutare il voto. Anche se positivo, ma a suo giudizio non soddisfacente. Questa possibilità non sarà più a discrezione del prof ma sarà scritta nero su bianco nel regolamento didattico d’Ateneo. Sempre che il Senato accademico approvi questa mattina la modifica proposta dagli uffici, dopo il suggerimento che lo stesso Garante degli studenti aveva dato circa un anno fa e le annose richieste da parte degli studenti stessi.
Solo durante i Giochi Olimpici di Pyeongchang saranno effettuati circa 2.500 controlli antidoping sugli atleti. Ogni gara internazionale porta con sé questi controlli che spesso vengono contestati. L’Università di Bologna è al lavoro per trovare nuove tecniche che rendano questi test veloci, sicuri e affidabili. È questo infatti l’obiettivo del progetto di ricerca che la Wada, World antidoping agency, l’agenzia voluta dal Comitato Olimpico Internazionale, ha affidato al dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater. A realizzarlo sarà il gruppo di ricerca del Pharmaco-Toxicological Analysis Laboratory (PTA Lab), guidato dalla ricercatrice Laura Mercolini. «Le tecniche utilizzate attualmente — Mercolini — possono presentare alcune problematiche legate a campionamento, trasporto e conservazione dei campioni biologici». Oggi infatti, per realizzare i controlli, i campioni di urina da analizzare devono essere raccolti, trasportati in specifici laboratori accreditati dalla Wada, lavorati e conservati: una procedura che può richiedere diversi giorni e può essere a rischio di contaminazioni, alterazioni e degradazione. Il gruppo di ricerca di Unibo è da tempo al lavoro per mettere a punto nuove tecniche di campionamento in grado di superare queste criticità. «Con il nostro progetto — dice ancora Laura Mercolini — vogliamo mettere a punto strategie di microcampionamento di fluidi biologici in forma essiccata, da abbinare a nuovi metodi analitici strumentali». L’approccio, spiega ancora l’Ateneo, è quello del dried microsampling: non più campioni in provetta, ma microvolumi essiccati che possono essere facilmente ottenuti e trasferiti su diversi supporti, ad esempio card, tip o addirittura su piccoli chip. Una tecnica che permette la stabilizzazione delle sostanze dopanti e dei loro derivati metabolici, ampliando così anche la finestra temporale per la loro rivelazione. Questo è il primo progetto di ricerca di Unibo finanziato dalla Wada.