Rifiutare il voto è un diritto Tramonta la discrezionalità dei prof che si opponevano
In Senato oggi il voto per modificare il regolamento didattico
Lo studente dell’Alma Mater potrà rifiutare il voto. Anche se positivo, ma a suo giudizio non soddisfacente. Questa possibilità non sarà più a discrezione del prof ma sarà scritta nero su bianco nel regolamento didattico d’Ateneo. Sempre che il Senato accademico approvi questa mattina la modifica proposta dagli uffici, dopo il suggerimento che lo stesso Garante degli studenti aveva dato circa un anno fa. E dopo, naturalmente, le annose richieste da parte degli studenti stessi.
L’articolo 16 del regolamento, quello che norma esami e valutazioni finali, è sul punto ambiguo. Dice chiaramente che «la valutazione negativa non comporta l’attribuzione di un voto», che viene annotata sul verbale ma non influisce sulla media, e che «non possono essere ripetuti gli esami o valutazioni finali di profitto già verbalizzati con esito positivo». Lo studente si può ritirare se capisce di non essere pronto al punto giusto. Ma se arriva in fondo e il professore gli dà un voto non gradito? Il caso non è contemplato e questo ha lasciato campo libero alla discrezionalità. Ci sono infatti professori che si oppongono al rifiuto, altri che in caso di rifiuto fanno saltare perfino l’appello successivo.
Le lamentele degli studenti sono arrivate anche al Garante. Nella relazione dell’anno scorso, Francesco Scutellari aveva bacchettato l’Ateneo senza tanti giri di parole: «Lasciare la decisione alla piena discrezionalità del docente crea discriminazioni».
Anche in seguito a questo l’Ateneo ha deciso di correre ai ripari e di sanare la lacuna proponendo di riconoscere allo studente il diritto di rifiutare il voto «almeno una volta» per consentirgli di ripetere la prova con risultati migliori. Ma su quel «almeno una volta» il Consiglio degli studenti ha storto il naso. «Abbiamo proposto che il Senato stralci quelle parole — spiega Fabiana Maraffa, presidentessa del Consiglio degli studenti —, il nostro timore è che “l’almeno” si trasformi nella pratica in “uno soltanto”. Chiediamo al Senato di riflettere cosa significa sostenere un esame per uno studente che non punti per forza alla celerità del percorso ma all’approfondimento delle materie rispetto alla sue aspirazioni future».
Comunque vada, all’Università di Bologna non potranno più esserci professori che si rifiutano di accettare il rifiuto di un voto. Non è una svolta di poco conto. Un paio di anni fa aveva tenuto banco nelle cronache nazionali la proposta di un docente dell’Università di Padova che voleva istituzionalizzare il divieto di rifiutare un voto. Qualche anno prima a Unibo scoppiò il caso di Medicina con il preside del tempo Sergio Stefoni che in una comunicazione agli studenti scriveva «vi segnalo che non deve essere consentito agli esaminandi di rifiutare il voto una volta che sia stato attribuito dal docente». L’intento era nobile, rendere più veloce e produttivo il corso di studio, pensando che la percentuale di laureati in corso è uno dei criteri di efficienza (e di finanziamento) di un Ateneo secondo il ministero. Gli studenti del Gruppo Prometeo protestarono a gran voce, lamentando che un voto basso si ripercuoteva sulla media mettendo a rischio la possibilità di entrare nella Scuola di specialità post laurea desiderata. Il risultato fu una rapida retromarcia: il voto a Medicina si poteva di nuovo rifiutare. In linea generale, perché poi lì come nelle altre scuole dell’Ateneo se un docente vuole opporsi al rifiuto può farlo. Si narra perfino di docenti che in passato costringessero gli esaminandi a firmare la rinuncia del rifiuto del voto prima della prova.
Tutta questa discrezionalità ora terminerà. Nessuno potrà opporsi di fronte al rifiuto di un voto da parte dello studente. Se «almeno una volta» oppure sempre lo decideranno oggi i componenti del Senato accademico chiamati ad esprimersi.
Il Garante d’Ateneo Scutellari aveva scritto che «lasciare alla discrezionalità del prof crea discriminazioni»