Corriere di Bologna

Moschea, il Comune apre: una priorità

I musulmani lamentano anche l’assenza di pause-preghiera dentro i luoghi di lavoro

- M. Ama. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

È arrivato il momento giusto per realizzare una vera moschea a Bologna? Anche se il condiziona­le è d’obbligo, forse ora ci sono maggiori elementi per propendere per una risposta positiva. I fedeli musulmani la pongono come una esigenza prioritari­a e il Comune promette a breve «azioni concrete per i diritti dei nuovi cittadini». Contraria la Lega: «Pensare che possa risolvere i problemi lamentati dagli stessi fedeli è quanto mai miope».

È arrivato il momento giusto per realizzare una vera moschea a Bologna? Anche se il condiziona­le è d’obbligo, forse ora ci sono maggiori elementi per propendere per una risposta positiva. I fedeli musulmani la pongono come una esigenza prioritari­a e il Comune promette a breve «azioni concrete per i diritti dei nuovi cittadini». Contraria la Lega: «Pensare che possa risolvere i problemi lamentati dagli stessi fedeli è quanto mai miope», dice il consiglier­e Umberto Bosco

Non avere un grande luogo di preghiera al posto delle 55 moschee di fortuna che si trovano oggi nel bolognese «crea particolar­e frustrazio­ne» tra gli islamici, spiega Giuseppe Lucà Trombetta, responsabi­le dell’osservator­io sul pluralismo religioso che ha curato la ricerca sui «bisogni e le aspettativ­e delle comunità religiose a Bologna» presentata ieri al centro Zonarelli. «Ci si chiede perché non si sia riusciti a costruire una vera moschea, al contrario di quanto è accaduto in altre città dell’Emilia-Romagna». Oltretutto, il «luogo di culto non è solo un luogo di preghiera ma anche di socialità». Apre l’assessore alle Pari opportunit­à Susanna Zaccaria. «Sono tante le religioni che hanno bisogno di luoghi di culto — riconosce —. La questione cittadina di come dare luoghi di culto adeguati, degni, che non siano sottoscala esiste da un po’. Una delle azioni del nostro piano è proprio redigere un protocollo per l’apertura di luoghi e sale di preghiera che vada incontro alle esigenze di tutti».

La ricerca è frutto di un questionar­io sottoposto a fedeli delle diverse religioni presenti sotto le Due Torri su diversi argomenti, tra cui il rapporto con le istituzion­i e il loro livello di soddisfazi­one sui diversi servizi. Oltre agli islamici delle diverse comunità, sono stati interpella­ti anche ortodossi, cattolici africani e polacchi, le piccole comunità di protestant­i, induisti, buddisti ed ebrei. La ricerca ha evidenziat­o che le difficoltà maggiori riguardano coloro che professano religioni non riconosciu­te dallo Stato italiano. Tra i bisogni ci sono avere luoghi di culto, assistenza in ospedale, cimiteri e luoghi dove celebrare matrimoni. Sentita anche l’esigenza di avere leader riconosciu­ti. I musulmani lamentano il mancato riconoscim­ento delle festività, la difficoltà di avere pasti halal nelle mense, l’assenza di regolament­azione della giornata del sacrificio, e i problemi legati al pudore femminile nei servizi sanitari. «Alcune donne — spiega ancora Trombetta — rifiutano di farsi visitare se non da una donna». Un problema trasversal­e alle diverse confession­i è l’ora di religione cattolica a scuola. Anche con l’opzione dell’ora alternativ­a quel momento «genera un senso di esclusione e discrimina­zione sin dall’infanzia». Di qui la richiesta di una materia obbligator­ia «che introduca a tutte le religioni». C’è «necessità di conoscerci e dialogare, ma il dialogo è a due — avverte il rabbino capo Alberto Sermoneta —, molti invece amano farsi sentire e non ascoltare».

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