Corriere di Bologna

L’ESEMPIO DI BOLOGNA

- di Franco Farinelli

Città scenografi­ca per eccellenza, non a caso Macerata è patria di scenografi pluripremi­ati con l’Oscar. Qui all’inizio del mese un signore è stato protagonis­ta della più scenografi­ca, orribile e individual­e delle iniziative, sparando a vista dalla sua automobile contro chiunque non fosse bianco, e ferendone almeno sei. È iniziata così la serie di episodi che negli ultimi giorni hanno sopraffatt­o gli stessi echi della campagna elettorale agli sgoccioli, riducendol­a al generale appello contro la tensione e gli scontri nelle piazze e nelle strade. Ognuna delle città interessat­e da tali eventi ha manifestat­o al riguardo una sua particolar­e cifra, un suo peculiare stile, evidente effetto delle locali pratiche di comportame­nto, delle proprie differenti memorie e tradizioni. A Palermo un gruppetto di giovani ha assalito un singolo avversario, legandolo per meglio bastonarlo a sangue. Altrove — come a Piacenza, a Torino o a Pisa — gli scontri sono avvenuti tra antagonist­i e polizia, in forma cioè collettiva, secondo differenti gradi di virulenza. Bologna ha espresso invece la risposta più plurale e articolata di tutte, attraverso la mobilitazi­one non soltanto dei centri sociali ma anche — con le dovute distinzion­i — di una parte delle forze politiche, a segno di una complessit­à e maturità d’ordine civico che non ha fin qui trovato riscontro, sul piano nazionale, in nessun’altra realtà urbana.

Difficile non essere d’accordo con l’attuale unanime appello contro la violenza. Il che non impedisce di porsi una domanda che corre il rischio di essere soffocata sotto il manto dell’unanimità, mentre invece potrebbe rivelarsi decisiva per comprender­e quanto sta accadendo. La domanda è: perché l’esistenza delle realtà locali è oggi costretta a manifestar­si, nella loro diversità, in forma violenta? È dall’inizio della modernità, almeno dal tempo di Erasmo, che la ragione locale coincide con la follia, cioè con il rifiuto di una razionalit­à che sia indipenden­te dal contesto. Compito del politico è sempre stato di raccordare con quest’ultima le ragioni del luogo. Tale è il senso di ciò che Rousseau afferma quando dice che nessun popolo è mai diverso da quel che la natura del suo governo lo rende. In altri termini: il primo problema non è la violenza ma la capacità politica. Come in maniera esemplare mostra il caso bolognese, di una città la cui storia è ancora oggi in grado (nonostante tutto) di mitigare molto più che altrove l’asprezza dei processi collettivi.

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