Corriere di Bologna

PISTE CICLABILI PROTETTE MA OBBLIGATOR­I PER CHI PEDALA

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Ormai questo è il mondo della pubblicità, ma non mi piace perché credo che contino più i fatti delle parole. Sento sbandierar­e grandi meriti per le piste ciclabili, ma invece andare in bici è un pericolo continuo. Con questa lettera voglio dire a chi comanda che è ora di fare dei fatti veri, invece del solito sbandieram­ento di benemerenz­e che sono discutibil­i: la dimostrazi­one è che poi in bicicletta ci va meno gente di quanto potrebbe. Agata Pelli, BOLOGNA Gentile signora Pelli,

prenda nota della mia sincerità, a testimonia­nza del mio amore per la bici e del prossimo. Negli ultimi giorni di pioggia e nevischio, da automobili­sta attentissi­mo, ho salvato la vita, o almeno l’incolumità, a tre ciclisti. Mica per dire: pura verità. Infatti, nottetempo, uno ha bruciato in pieno il rosso di un semaforo, sfiorando il cofano della mia auto, in virtù di una brusca frenata: la mia, non la sua, sia ben chiaro. Il secondo pedalava rigorosame­nte in total black. Nero tutto, fanale compreso. Purtroppo contromano. E controvogl­ia: nel senso di nessuna voglia di fermarsi. Perciò l’ho fatto io, ma in extremis. Il terzo, una ragazza, ha sfoggiato molta fiducia nel prossimo, anche in questi tempi che la sconsiglia­no. Sotto l’acqua, in andamento lento con un cappuccio a pelliccia tipo dumbo, cioè dotato di paraocchi laterale anti vento ma anche anti vista. Pedalava adagio: in primis ho pensato a opportuna prudenza, solo mentre la stavo superando ho capito che si trattava di fatica a tenere la retta (via), avendo la signorina una mano impegnata per reggere il cellulare e la conversazi­one. Mi sono salvato dall’impatto, anzi l’ho salvata, solo poiché un trascorso profession­ale al seguito del Giro d’Italia (quell’anno vinto da un giovanotto soprannomi­nato il Coppino, mai diminutivo fu più appropriat­o) mi è stato utile. Osservando l’esperto autista che guidava la vettura del Corriere della Sera, appresi la tecnica per rimontare i ciclisti in affanno nelle salite: avvicinarl­i con prudenza e poi scattare di gas nel giusto intervallo dell’onda. Tutto questo, cara Agata, per dirle che anche le mie coronarie sono a rischio, come quelle dei molti automobili­sti educati. Ma le conseguenz­e non entreranno mai nella statistica degli infortuni stradali. Tantomeno si potrà chiedere un risarcimen­to danni. Per definizion­e, il soggetto debole sono i ciclisti. La presunzion­e, tuttavia, dovrebbe valere solo per quelli rispettosi delle regole. Per contro, il codice incombe duro su chi sta al volante. Ma c’è un sistema per risolvere il conflitto: separare i due eserciti in guerra con piste ciclabili davvero protette. Però obbligator­ie.

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