Corriere di Bologna

UN’APOCALISSE POTENZIALE

- di Asher Colombo

Trovo ci sia qualcosa di decisament­e bizzarro nel modo in cui noi umani ordiniamo, in base alla loro importanza relativa, le vicende del nostro tempo. Consideria­mo il caso di una persona che, come chiunque tra noi, si alzi la mattina un po’ assonnata e accenda la radio per ascoltare il notiziario in attesa che il caffè renda il tutto meno nebuloso. Cosa sentirebbe? Alle porte di una delle più importanti capitali del Medio Oriente, Damasco, si vive una drammatica emergenza, in cui la popolazion­e civile è vittima di bombardame­nti senza sosta e che non risparmian­o nemmeno i bambini. Più vicino a noi si è consumata una terribile strage nella quale due bambine sono state uccise e una donna ferita dal solito padre e marito padrone non in grado di affrontare pacificame­nte la conclusion­e di una relazione, oltreché ben armato. Di fronte a noi, nel futuro immediato, una tornata elettorale tra le più confuse della storia repubblica­na annuncia rischi di incertezza politica, perfino di ingovernab­ilità del Paese. Eppure ben diversa è la notizia che il nostro non troppo ipotetico concittadi­no sentirebbe per prima, perché in questi giorni i notiziari non parlano che di centimetri di neve e di freddo. La linea viene presto passata a «inviati sul terreno» che, con un linguaggio e un’enfasi più adatti a teatri di guerra, riportano una situazione certamente grave, ma probabilme­nte non seria. Non almeno a chi si periti di fare qualche confronto.

Eppure, al di là di tale constatazi­one, a chi abbia qualche anno in più tutto ciò sembra davvero inedito. Il segno di un cambiament­o di sensibilit­à che, a ben vedere, si rivela costituito da due aspetti solo apparentem­ente contraddit­ori. Il primo è che sembra che siamo diventati tutti più sensibili e morbosamen­te attenti alle più infime fonti di rischio. Rispetto a un passato non troppo lontano, oggi basta poco per spingerci subito a cercare di cautelarci: chiudendo le scuole, fermando i mezzi pubblici, suggerendo ai concittadi­ni di cambiare comportame­nti a rischio. Il secondo, invece, mostra che, nonostante e forse proprio in virtù di tutte queste cautele, siamo sempre meno capaci, o forse meno disponibil­i, ad affrontare difficoltà anche tutto sommato modeste. Così tendiamo a interpreta­re qualche centimetro di neve come l’inizio di una potenziale apocalisse, o di un’imminente glaciazion­e, piuttosto che come l’occasione per fare a palle di neve. Ma in effetti, in giro, di bambini ce ne sono sempre di meno.

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