Corriere di Bologna

Tra gli studenti del Rosa Luxemburg «Non sappiamo chi, ma voteremo»

- di Beppe Persichell­a

Dopo abbiamo una verifica, ma è meglio il futuro dei prossimi 5 anni o un’insufficie­nza? Siamo un Paese vecchio, i politici in campagna elettorale non ci hanno cercati

Vogliono sapere tutto su scuola e lavoro. Chissà se sono folli, di sicuro sono affamati di conoscere che futuro i politici hanno in mente per loro. Ma basta una manciata di minuti per capire che nei programmi non c’è molto che li riguardi. Al Rosa Luxemburg, però, l’assemblea di istituto è convocata lo stesso. Prima del voto gli studenti dell’istituto tecnico commercial­e vogliono parlare di elezioni. Non fosse altro per quell’eccitazion­e tipica di chi, tessera elettorale bene in vista, per la prima volta mette piede dentro un seggio. Sono una sessantina, hanno mille dubbi e la certezza che l’astensione non li riguarderà.

«Non sappiamo ancora chi votare, ma voteremo», giurano. Nell’attesa, meglio capire come si vota. «Mi sono un attimo persa…», dice a bassa voce una ragazza dopo che la prof ha parlato in lungo e largo del Rosatellum. Tanta fatica a spiegare, tanta a capire, e poi magari lunedì mattina sarà solo un grande rebus. Le scommesse fioccano. «Non ci sarà nessuna maggioranz­a, servirà un governo tecnico», è la più quotata. Perché l’ottimismo sarà anche una virtù dei giovani, ma a queste condizioni è davvero messo a dura prova. Archiviato il capitolo legge elettorale, la discussion­e si anima. Anche solo l’assenza di alcuni compagni di classe mette in crisi i presenti. «Dopo abbiamo una verifica di storia e quelli sono rimasti a casa a studiare. Ma è meglio il futuro dei prossimi cinque anni o un’insufficie­nza domani?».

Se lo chiede il rappresent­ante di istituto che ha organizzat­o tutto e quindi la risposta ce l’ha chiara: studio e politica possono, anzi devono, stare assieme. «Non possiamo essere così passivi», dice scuotendo la testa. Perché poi non sta scritto da nessuna che se i partiti si allontanan­o dai giovani, anche i giovani devono scappare dai partiti. «Per loro non siamo né una minaccia, né una risorsa», la butta lì il più appassiona­to. In un attimo lo sconforto contagia tutti. «Siamo un Paese vecchio e i politici parlano ai vecchi», aumenta il carico la compagna seduta poco distante. E allora voi non mollate e continuate ad andare a votare, insistono le insegnanti. Fosse facile.

«Gliel’ho detto a una mia amica che era importante esserci qui oggi — racconta una ragazza — ma niente». Si dividono solo sull’identikit che un politico dovrebbe avere. «Onesto, poi imparerà». «Competente, bilanci e leggi non sono per tutti». «Fedele ai principi, il resto viene dopo». Di tutto questo avrebbero voluto parlarne però con i candidati. «Perché in campagna elettorale non ci hanno cercati?». Quante domande e nessuna risposta.

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