DESTRO, MIA MAMMA E IL SEGRETO DELL’URNA
Sono andato a votare verso l’ora di pranzo. Raccontavano di file bibliche: nel mio seggio non c’era nessuno. Pensavo da giorni a cosa scegliere. Inizialmente volevo annullare. Poi avevo tentato una valutazione ponderata: questi al Senato per dare un segnale a quelli, e questi altri alla Camera per dare un segnale a quegli altri. Sono entrato in cabina, ho preso le schede, ho letto i nomi dei candidati all’uninominale di «questi» e «quelli» e ho cambiato idea. Appena uscito mi sentivo un cretino. Nel pomeriggio ho accompagnato mia madre. Va per gli 87 anni. Mentre ci avvicinavamo al seggio, che ha raggiunto non senza fatica, mi ha chiesto: «Per chi devo votare?». Le ho risposto: «Non lo so, devi decidere tu. Chi preferisci?». E lei: «Gli operai, il partito». Non era facile capire quale partito fosse, oggi, per gli operai. E come si chiamasse, sempre oggi, il partito che ha sempre votato. Ho tentato una mediazione. Le ho fatto vedere il simbolo sul telefonino: «Ecco, è questo. Te lo ricorderai?». E lei: «Certo». Voleva che la seguissi in cabina ma ovviamente non era possibile. Allora ha deciso lei, probabilmente stranita davanti a quei fogli pieni di simboli ignoti, mentre il presidente di seggio si esercitava in istruzioni complesse per suggerirle come ripiegare i due lenzuoli giallo e rosa. Quando è uscita le ho chiesto: «Cos’hai votato?». E lei: «Falce e martello, come sempre». Ora, al netto di due adulti che entrano in cabina con un’idea e fanno l’opposto di quel che si erano prefissi, vogliamo forse crocifiggere Destro perché ha ciccato un gol da mezzo centimetro a Ferrara?