Elezioni, la Cgil rottama il Pd
Il segretario Lunghi: «Guai restare fermi, il gruppo dirigente è da ricostruire»
Anche la Cgil contro il Pd. «Per il partito è venuto il momento di cambiare la sua classe dirigente» ha detto ieri il segretario della Cgil di Bologna, Maurizio Lunghi. Il leader della Camera del Lavoro ha fatto un ragionamento di carattere generale riconoscendo che a livello locale «qualcosa da valorizzare c’è». Ma è un affondo che sicuramente non viene gradito dai vertici del Pd impegnati ora nella sfida del dopo-Renzi che parte dalla Direzione nazionale di lunedì. Intanto, se si confrontano i dati sui redditi e i risultati delle elezioni, emerge che il centrosinistra vince sempre sopra quota 23.300 euro. Sotto, lo scontro è tra Movimento 5 Stelle e Lega.
Ci mancava solo la Cgil. Per il Pd che a Roma, in Emilia e a Bologna prova a riprendersi dalla scoppola più dura della sua storia, arriva anche l’affondo della Camera del lavoro. «Per il Pd e il centrosinistra è giunta l’ora di cambiare la classe dirigente, ovvero di mandare a casa i vecchi per far posto ad un nuovo gruppo più in sintonia con la società» ha detto ieri il segretario della Cgil di Bologna, Maurizio Lunghi. Naturalmente non si riferisce ad un elemento anagrafico ma alla necessità «di individuare nuove figure della classe politica che siano più in sintonia con le nuove generazioni e con le esigenze di una società multietnica come la nostra».
Naturalmente Lunghi non specifica chi debba andare a casa. Si limita a dire che «è un problema che abbiamo a livello generale» che però non significa nazionale. Significa generale. E sul locale? «Qui qualcosa da valorizzare c’è e può rappresentare qualche spunto utile per vedere cosa prendere di buono dai quanto fatto, visto che tutto sommato il dato di Bologna è meno pesante di quello registrato altrove anche se è un dato che non consente di rimanere fermi».
Non sono arrivate risposte ieri da nessun livello del partito ma di certo le parole di Lunghi non hanno fatto piacere ai dirigenti dem tutti concentrati sul momento della direzione nazionale di lunedì prossimo quando in teoria si dovrebbe aprire il dopo Renzi. Insomma la Cgil che pure ha i suoi problemi è preoccupata anche per il futuro politico della Regione, da sempre nelle mani del centrosinistra. «Siccome c’è questa onda che arriva dalle Politiche e che potrebbe ripresentarsi anche il prossimo anno, il rischio che anche la Regione possa essere scalabile c’è tutto, così come anche altri Comuni del territorio».
Anche la Cgil però concorda con la stragrande maggioranza dei dirigenti dem sul fatto che ora il partito dovrà stare all’opposizione. «Perché un eventuale governo con i 5 stelle sarebbe un grandissimo pasticcio» sostiene Lunghi.
Intanto volano gli stracci nel Pd bolognese dopo la sconfitta alle urne anche se da queste parti le cose sono andate un po’ meglio. Ieri ad esempio Piergiorgio Licciardello se l’è presa con Matteo Lepore («Pd morto come partito nazionale, ripartire a sinistra») e le due ex parlamentari Francesca Puglisi e Donata Lenzi, scese dal carro di Matteo Renzi dopo la batosta. Licciardello parla a proposito di Lepore di «fughe surreali» verso le «praterie alla nostra sinistra, dimostratesi per l’ennesima volta un deserto arido e desolato». Quanto al «fenomeno dei fuggitivi che saltano giù dal carro», l’accusa è di opportunismo.
Se davvero lunedì comincerà con la direzione nazionale la fase post Renzi ci sarà un grande rimescolamento nel partito a livello nazionale e anche a livello locale. Nel partito che, pure avendo ormai esaurito ogni possibile rendita di posizione, guida ancora la Regione e il Comune capoluogo potrebbero esserci molti sommovimenti.