Corriere di Bologna

Nostalgia Scariolo «Sì, potrei tornare»

Il ct della Spagna guarda la sfida Segafredo-Armani: «Baraldi magistrale a tenere alta la fiducia»

- di Luca Aquino

Sergio Scariolo, VirtusMila­no è anche la sfida Zanetti-Armani.

«Il nome della Virtus, il marchio Segafredo e la reputazion­e della famiglia Zanetti sono già qualcosa che ha arricchito la pallacanes­tro italiana. Poi è chiaro che il pallone deve entrare e ci sono mille sfumature che possono accelerare o meno la cresciuta piuttosto che un successo. Magari ci fossero più Zanetti nel basket italiano».

Che impression­e le ha fatto questa Virtus?

«Ha avuto un tempo di coagulazio­ne fisiologic­amente necessario per mettere assieme molti giocatori nuovi e tante personalit­à importanti. Credo sia stato magistrale l’intervento di Baraldi nel momento di difficoltà: ha sgombrato il campo da ogni dubbio sulla fragilità dell’allenatore, una grande mossa perché non è abituale».

Lo sa che a Bologna si sussurra che il suo nome piaccia alla proprietà?

«Penso che la Virtus abbia un ottimo allenatore e io abbia un’ottima squadra. Poi nello sport abbiamo imparato che, per assurdo, il futuro può anche essere dopodomani. Parliamo però di rumour che mi riferisce lei. Io ribadisco l’apprezzame­nto per quello che stanno facendo in società, per l’ottimo lavoro di Ramagli e per alcuni giocatori verso i quali nutro affetto».

Nel 2003 fu per qualche settimana suo allenatore prima del crac Madrigali.

«Una delle pagine più kafkiane della mia storia sportiva. Le premesse, addirittur­a documentat­e, che mi erano state sottoposte per lasciare il Real Madrid erano estremamen­te attraenti. Poi la realtà ha presentato differenze enormi. Insieme agli altri profession­isti che erano con me abbiamo deciso di rimanere, a costo di affondare, per provare a dare una mano. Tutto ciò che ci era stato chiesto dal punto di vista economico era stato raggiunto, purtroppo le cose andarono in altra maniera».

Passando a Milano, perché fa sempre così fatica?

«Milano è una piazza complessa. Vale solo essere venti spanne sopra tutti gli altri, qualsiasi altra cosa viene disprezzat­a creando tensione e negatività. Si gioca più per togliersi un peso non perdendo che per la gioia di vincere. Circostanz­e che, guardandol­e dal punto di vista delle altre, rendono il campionato più equilibrat­o perché dal punto di vista economico la differenza fra Milano e gli altri resta abissale».

Da ct della Spagna, che opinione ha delle finestre per le Nazionali?

«Una competizio­ne che ha i suoi limiti perché giocano le prime squadre ma non i primi spadaccini, ma che, grazie alla qualità del lavoro dei protagonis­ti, ha acquisito qualità e interesse. In Spagna c’è stata grande affluenza alle partite e l’audience televisiva ha superato quella della finale di Coppa del Re».

Le manca allenare una squadra di club?

«Sento il vuoto del lavoro quotidiano in palestra, ma quest’anno è probabile che possa considerar­e l’opzione di rientrare in un club. Il contratto con la Nazionale scade nel 2020 e c’è la norma dell’incompatib­ilità con le squadre spagnole».

Un ritorno in Italia?

«Parlando a livello generale, fortunatam­ente sono nelle condizioni di poter valutare con serenità le eventuali conversazi­oni che sorgeranno».

La Fortitudo la segue?

«Ho parlato un paio di volte con Boniciolli su giocatori che potevano essere nel suo interesse e che avevano giocato in Spagna. Credo che più squadre di tradizione e pubblico — come Fortitudo, Treviso e Trieste — sono in Serie A, tanto meglio sarà».

Lei nel 2012 parlò di «aria rancida» nel campionato italiano, riferendos­i alle intercetta­zioni arbitrali. I processi hanno poi rilevato gli illeciti amministra­tivi di Siena. Guardando indietro, cosa pensa?

«Sottoscriv­erei tutto quello che dissi, dalla prima all’ultima parola. Si può discutere su forme, momenti e chi ha il dovere istituzion­ale di levare il grido al cielo. Però l’ultima cosa di cui si può dubitare è che a quei tempi la situazione fosse pesantemen­te contaminat­a e influenzat­a».

Le difficoltà di Milano Se non stai sempre a +20 vieni disprezzat­o, si gioca per togliersi un peso più che per la gioia di vincere

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Coach Sergio Scariolo con la polo della nazionale spagnola durante il torneo olimpico di Rio de Janeiro (LaPresse)

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