Corriere di Bologna

Tutti contro Renzi. Anche Legacoop

All’assemblea regionale bordate contro l’ex premier: ha un’idea sbagliata di rapporto con il Paese

- Riccardo Rimondi

L’amore tra Legacoop e Matteo Renzi non è mai decollato. E con le elezioni alle spalle, con il Pd sotto il 20%, le coop «rosse» scaricano il segretario dimissiona­rio a 24 ore dall’affondo della Cgil. Il presidente nazionale Mauro Lusetti ricorda l’invito disertato alla Biennale dell’Economia cooperativ­a del 2016: «Quello che è mancato è il rapporto con il leader. Gli abbiamo offerto diverse possibilit­à per dialogare, non ha mai ritenuto opportuno coglierle». Il leader regionale Giovanni Monti lo invita a farsi da parte: «Cambiare, e cambiare chi dirige un partito che ha avuto una flessione di questo genere, è doveroso e d’obbligo».

Il forfait del 2016 Le coop non hanno perdonato l’assenza di Renzi alla Biennale, in pieno tsunami Idice

Giovanni Monti È doveroso cambiare chi dirige un partito che ha avuto questa flessione

Mauro Lusetti Non esserci schierati al referendum ha evitato discussion­i laceranti

L’amore tra Legacoop e Matteo Renzi non è mai decollato. E ora che le elezioni sono alle spalle, con il Pd sotto il 20%, i cooperator­i «rossi» scaricano il segretario dimissiona­rio senza compliment­i. A sole 24 ore dall’invito a cambiare la classe dirigente del Pd rivolto al partito dal segretario della Cgil Maurizio Lunghi, i cooperator­i rincarano la dose. Con attacchi al vertice, alla «voglia di disarticol­azione della società, di un rapporto diretto tra il leader e il Paese, che non ha funzionato e non funzionerà», scandisce il presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti.

Visti i rapporti storici tra il partito e Legacoop è una bordata. Anche se negli anni più volte i cooperator­i hanno rivendicat­o la loro autonomia e questo non è certo il primo scontro. Ma nel giorno in cui i delegati regionali si ritrovano in assemblea, è inevitabil­e tirare le somme del terremoto elettorale, soprattutt­o nelle terre in cui Legacoop e Pd hanno storicamen­te i loro granai di soci (e voti). Lusetti si è legato al dito una data, quella della Biennale dell’economia cooperativ­a di un anno e mezzo fa: il 9 ottobre 2016 Matteo Renzi doveva salire sul palco, ma diede forfait. E quello sgarbo, poche settimane dopo il tour dell’allora premier tra Philip Morris, Lamborghin­i e Ducati, nel pieno delle polemiche per l’inchiesta sulla Colata di Idice, non è stato dimenticat­o. «Era l’invitato principale della nostra iniziativa — ricorda Lusetti — ma l’abbiamo fatta senza di lui avendo lo stesso un grande successo. Non è una chiusura di Renzi nei nostri confronti: è l’idea sbagliata di avere un rapporto diretto con il Paese disarticol­ando tutte quelle che sono le strutture dei corpi intermedi, dai partiti alle organizzaz­ioni di rappresent­anza».

Il problema non sono le cose fatte, ma la persona. «In questi anni abbiamo avuto un dialogo importante con il governo Gentiloni, con i singoli ministri, e abbiamo realizzato importanti riforme. Quello che è mancato — sottolinea il capo di Legacoop — è il rapporto con il leader. Gli abbiamo offerto diverse possibilit­à per dialogare, non ha mai ritenuto opportuno coglierle».

Il presidente regionale Giovanni Monti invita l’ex premier a farsi da parte: «Non mi piace dare addosso a chi ha perso, ma la persona di Renzi da tempo non esprimeva più quella voglia di cambiament­o». E quindi: «Credo che Renzi abbia finito il suo percorso», scandisce, pur riconoscen­dogli dei meriti: «Cambiare, e cambiare chi dirige un partito che ha avuto una flessione di questo genere, è doveroso e d’obbligo». Lusetti, davanti ai delegati, rivendica di non aver schierato Legacoop al referendum costituzio­nale: «Ci ha consentito di tenere insieme l’alleanza e di non avere al nostro interno una discussion­e lacerante. È finito il periodo in cui le classi dirigenti davano indicazion­e su cosa votare». La preoccupaz­ione , ora, è per la nascita del governo: «L’appello del Presidente della Repubblica è ciò che sottoscriv­iamo in pieno».

Che possa esserci Luigi Di Maio alla guida del Paese ormai non sembra un dramma. Le recenti strette di mano hanno sepolto gli attacchi feroci di qualche anno fa: «Siamo particolar­mente contenti se chi fino a ieri ci ha in qualche misura attaccato con alcuni pregiudizi si sia posto il problema di capire effettivam­ente come siamo fatti». Monti ricorda i governi Berlusconi, quando si parlava di trasformar­e le coop in società di capitale: «Era per noi devastante. Abbiamo ragionato con quelle forze ed è venuta fuori una legge di riforma della cooperazio­ne sotto il governo Berlusconi che è stata più che accettabil­e: una buona legge di riforma». Insomma, le coop parlano con tutti. Il voto, però, lascia strascichi anche nella cooperazio­ne. «È evidente la frattura tra le tradiziona­li élite e il sentimento di larghe masse di popolazion­e, un elemento con il quale dobbiamo tutti fare i conti», riflette Monti. Che critica l’azione dell’esecutivo: «Il centrosini­stra al governo non ha saputo dare risposta al profondo disagio sociale e alle diseguagli­anze crescenti, alle profonde insicurezz­e e alla voglia di cambiament­o».

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