IL VESCOVO CHE VIENE DA ROMA SA ASCOLTARE PIÙ DEI POLITICI
Condivido la sua giusta preoccupazione allorché in un recente editoriale ha lamentato l’attuale assenza di leader a Bologna. È di tutta evidenza che figure come Renato Zangheri appartengono ormai al passato remoto. Ma sono perplesso sulla sua «consolazione» per l’attuale presenza nel capoluogo emiliano di una «forte guida spirituale». Vogliamo porre sullo stesso piano figure eccelse come i cardinali Lercaro e Biffi con l’attuale vescovo Zuppi, inviato in una città come Bologna, privo di specifica competenza episcopale e animato da un forte populismo trasteverino che la città non condivide? Salvatore Surace, MODENA Caro Surace, con tutta franchezza debbo dire che faccio fatica a seguirla nel suo ragionamento, anche per il dubbio che nella sostanza contenga l’intenzione di svalutare l’azione dell’arcivescovo Zuppi più che di analizzare la Bologna di oggi. In questo caso, mi sarebbe difficile interloquire: ognuno è proprietario delle proprie tesi. In sostanza, un così è se vi pare (o anche se non vi pare) chiude la porta a una serena discussione. Voglio comunque pensare che le sue affermazioni siano aperte alla confutazione dialettica, intesa come scambio costruttivo di opinioni. Sia chiaro, con ciò che ho scritto nel mio editoriale e con quanto sto per esporle non intendo «farla persuaso», come direbbe il Montesano di Camilleri. L’intenzione è più modesta: quella di spiegarmi se non fossi stato abbastanza chiaro nel mio articolo e di rilevare i punti di disaccordo logico con la sua lettera. Parto comunque da un’affermazione condivisibile: Renato Zangheri appartiene al passato remoto. Per quanto mi riguarda troverei preferibile parlare di passato prossimo, perché si tratta di una figura e di una vicenda che ancora riverberano sul presente, se non altro per l’esempio. Il discorso vale anche per i cardinali Lercaro e Biffi, che di certo non appartengono alla cronaca attuale. Provo a proporle un accordo: sono tre giganti del loro tempo e della nostra memoria. Dove non posso concordare è sul ruolo oggi interpretato dal vescovo Zuppi. Lei lo vede «animato da un forte populismo trasteverino che la città non condivide», io trovo invece che la città lo senta come una forte guida spirituale e un punto di riferimento. Anche quella parte di città che non prega tutti i giorni e che quando prega lo fa in modo diverso e su libri che non sono quelli cattolici. Per concludere: entrambi pensiamo che Bologna patisca la mancanza di un forte leader, purtroppo è un male diffuso anche ad altre latitudini. Il prete venuto da Roma «senza competenza episcopale» ha dimostrato di sapere ascoltare e di farsi ascoltare. Più dei politici.