Corriere di Bologna

La Virtus ha cuore, Milano i muscoli

Milano sbanca il nuovo parquet rosso conducendo tutta la partita grazie ai suoi lunghi Avvio choc, poi la Segafredo prende le misure. L’Armani ha troppa forza e più chili dei bianconeri

- di Luca Aquino, Daniele Labanti

Una Virtus non brutta, non colpevole, non dimessa, ma troppo leggera, troppo corta e troppo farfallona per battere Milano. Così il giudizio resta sospeso, i bianconeri continuano a perdere ma cosa vuoi dirgli? Non meritano fustigate, ma prima o poi bisognerà cambiare registro per acchiappar­e i playoff e disputarli, eventualme­nte, con qualcosa da dire. L’Armani conduce quaranta minuti al PalaDozza, ribadendo quel che ormai suona ovvio e monotono come una conferenza stampa di Donadoni: fisicament­e la Virtus non è all’altezza delle prime, inoltre le manca una variante tecnica nel roster ed essendo corta appena l’energia cala va in affanno contro chi può ruotare più uomini. Non ci voleva Milano a spiegarlo, ma se qualcuno è ancora dubbioso il concetto è stato ripetuto.

Dall’altro lato la squadra di Ramagli ha dimostrato ancora il proprio cuore, non è un gruppo che si lascia maciullare e pure soffrendo ha la voglia di restare dentro la partita. Milano è schizzata a +21 dopo 15 minuti (13-34), dominando il nuovo parquet rosso varato davanti a grossi calibri in parterre — da Ancelotti a Zanetti, da Petrucci ai vertici della Fiba — e schiaccian­do subito la Virtus con l’energia difensiva e la fisicità. A picco, la Segafredo aveva 4/16 da due e 1/6 da tre. L’Olimpia invece sparava da fuori con fiducia (5/7 al tiro pesante) e soprattutt­o con i suoi muscoli, il peso e la qualità dei suoi lunghi — da Micov a Gudaitis e Tarczewski — non dava alcuna speranza ai bianconeri. I quali, va detto, avrebbero potuto restare più a contatto se non avessero buttato via palloni in transizion­e sbagliando anche canestri facili. La Virtus ha fondamenta­lmente solo una soluzione offensiva, una mezza ruota dalla quale creare un pick’n’roll o una palla vicino a canestro per Slaughter o l’eventuale miss-match di un esterno. Messo in ritmo il lungo ex Madrid i bianconeri hanno iniziato a rosicchiar­e il punteggio, rientrando in una partita che il tabellone dava già per finita. Un ko tecnico, più che morale. E mancando ancora due quarti, la Virtus ha avuto la forza provarci anche nascondend­o con i cambi le leggerezze difensive.

Nella ripresa cinque volte la Segafredo è rientrata a -7, sbagliando poi grossolana­mente la scelta o la giocata, con Lafayette, Aradori e Baldi Rossi. È tornata anche a -4 sul 66-70 ma sul cronometro erano rimasti solo 23”, troppo pochi per compiere un ribaltone miracoloso.

Quindi? Quindi è la terza sconfitta consecutiv­a, Sassari, Venezia e Milano, e il girone di ritorno fa scopa con l’andata quando le sfide alle big hanno lasciato più o meno le stesse sensazioni: coraggio, lacune, lavoro, incompiute­zza. Non solo nei finali, anche durante le partite. Il canestro che potrebbe ricucire, il blocco portato con l’angolo giusto, la chiusura difensiva, il rimbalzo: dettagli sparsi lungo quaranta minuti che fanno la differenza, dall’inizio dell’anno. Colpevoli? Nessuno. Croci addosso? Macché. Però la Virtus arriva corta. Sempre in attesa che dal cilindro del gm esca il benedetto coniglio.

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Parterre con Ancelotti
 ??  ?? Tanti vip al PalaDozza: accanto a Baraldi, Zanetti e Bucci c’era Ancelotti Nell’altra fila i vertici della Fiba con il numero uno federale Petrucci
Tanti vip al PalaDozza: accanto a Baraldi, Zanetti e Bucci c’era Ancelotti Nell’altra fila i vertici della Fiba con il numero uno federale Petrucci

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