Corriere di Bologna

Parmacotto made in Bo: c’è Zaccanti

L’imprendito­re ex Saeco e Caffitaly compra l’azienda salvata dal fallimento

- Massimo Degli Esposti

È la terza vita imprendito­riale per Giovanni Zaccanti, bolognese noto per i suoi precedenti successi con Saeco e Caffitaly. Ora tocca al Parmacotto, il celebre marchio dei salumi acquistato dopo il salvataggi­o dal fallimento.

«Quando me l’hanno proposto è scattato qualcosa. Faremo tanta strada con questo marchio di valore, sbaglia chi pensa che il settore sia maturo. Con passione e innovazion­e ci sono molte cose da poter fare».

La terza vita di Giovanni Zaccanti si chiama Parmacotto e non sa più di caffè, come le due che l’hanno preceduta, ma di salume emiliano. Sarà anche l’ultima sua reincarnaz­ione, assicura il vulcanico imprendito­re originario dell’Alto Appennino bolognese già fondatore di Saeco e poi di Caffitaly, perché «ora devo pensare al futuro delle mie due figlie e dei miei nipoti. Parmacotto resterà in Italia, in Emilia, a Parma e alla mia famiglia». E infatti la figlia maggiore Gaia e il genero sono già entrati nel consiglio di amministra­zione dell’azienda parmense appena acquisita, e il secondo già con incarichi operativi al fianco del riconferma­tissimo amministra­tore delegato Andrea Schivazapp­a, l’uomo che ha gestito la ristruttur­azione dopo la crisi che l’aveva portata sull’orlo del fallimento, con 100 milioni di debiti.

Alla più ovvia delle domande, vale a dire cosa abbiano in comune le passate avventure nelle macchine da caffè e questa nei salumi, Zaccanti risponde lapidario «il gusto della sfida». Poi aggiunge: «Anche una squadra competente e motivata. Con Saeco e poi con Caffitaly la sfida fu innovare e creare un marchio. In Parmacotto è ridare a un marchio e a un’azienda di grande valore il ruolo che meritano». Zaccanti ha già in mente come. «Diversific­heremo i prodotti — spiega —, punteremo decisament­e sull’export, introdurre­mo nuove tecnologie produttive. Sbaglia chi pensa all’industria alimentare come a un settore maturo: sicurezza igienicosa­nitaria e competitiv­ità sui costi impongono grandi investimen­ti in innovazion­e. Questa è la sfida che mi appassiona».

Ormai sulla soglia dei 70 anni — è nato nel 1949 — origini contadine, prime esperienze di lavoro come operaio in una delle bandiere industrial­i della montagna bolognese, la Metalcaste­llo, Zaccanti non ha mai smesso di mettersi in gioco. Imprese a parte, lo fece nel 2005 candidando­si alle regionali nelle fila dell’Udc dell’amico Pier Ferdinando Casini. Poco prima, nel 2001, era entrato nella società che gestisce gli impianti sciistici del Corno alle Scale, endemicame­nte in perdita ma ultimo baluardo di un sogno antico che anche lui accarezza, quello di dare all’Appennino bolognese un futuro turistico; o comunque un futuro, stante le ripetute crisi aziendali che rischiano di trascinarl­o nella desertific­azione industrial­e.

Una delle più drammatich­e l’ha toccato da vicino: Saeco. Col socio Sergio Zappella l’aveva fondata e gestita per vent’anni. Cedendola al colosso Philips aveva pensato di assicurarl­e un futuro; invece, tutti sanno come è andata a finire. Gli ultimi dieci anni del duo imprendito­riale Zaccanti-Zappella sono stati targati Caffitaly. Una start up, si direbbe oggi, nelle macchine da caffè in capsule, arrivata a fatturare l’anno scorso quasi 170 milioni di euro con 50 milioni di margine operativo lordo. Ma nel frattempo, precisamen­te dal 2013, il 51% era già stato ceduto al fondo di private equity Alpha. Da luglio scorso, con l’ingresso nel capitale di Compagnie Nationale à Portefeuil­le, holding belga quotata in Borsa dell’imprendito­re Albert Fräre, Zaccanti ne è completame­nte uscito («ma resto consulente» precisa) mentre il socio Zappella è rientrato e la presiede. «Quando mi hanno proposto Parmacotto — dice adesso Zaccanti — è come scattato qualcosa dentro di me: ho deciso di comprare senza pensarci troppo su. Forse l’odore di campagna ha fatto presa sul mio Dna contadino». Eredita un’azienda risanata, con 139 dipendenti, 58 milioni di fatturato, una rete di vendita di 80 agenti. «Tutta gente che condivide i miei stessi valori. Faremo tanta strada insieme; preparatev­i a grandi novità».

Sbaglia chi crede che l’alimentare sia un settore maturo Faremo tanta strada con un marchio di valore puntando sull’export

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Insieme Andrea Schivazapp­a e Giovanni Zaccanti

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