Le geishe di Palazzo Albergati
Da sabato la mostra prodotta da Arthemisia che indaga l’Oriente attraverso 200 dipinti, stampe e xilografie tra Ottocento e Novecento
Palazzo Albergati fa il giro del mondo e guarda all’Oriente. Venerdì sera si inaugurerà infatti la mostra «Giappone. Storie d’amore e guerra»: 200 opere per raccontare il paese del Sol Levante non limitandosi all’ambito artistico. L’arte, rappresentata grazie ai lavori di alcuni fra i più grandi interpreti dell’Ottocento, è qui strumento per spiegare un mondo distante.«Il senso è quello di frugare fra le pieghe delle varie opere per capire cosa c’è dietro», spiega il curatore Pietro Gobbi, studioso e appassionato dell’arte giapponese.
Spazio quindi agli artisti tra cui Hiroshige, Utamaro, Hokusai, Kuniyoshi, ma il suggerimento è quello di non fermarsi all’apparenza «o a quello che pensiamo di vedere» perché dall’altra parte del mondo molte cose e situazioni sono vissute diversamente.Il curatore offre un esempio calzante: «se guardate un quadro raffigurante un falco che volge lo sguardo verso un uccellino forse pensate di vedere un rapace che sta puntando una preda e che la farà sua. E invece no. La leggenda giapponese racconta come i falchi prima della notte catturino degli uccellini non per cibarsi ma per tenerli fra gli artigli per evitare il loro congelamento e così la mattina dopo in segno di riconoscenza lo lascerà andare evitando per tutto il giorno di volare nella stessa direzione in cui è scappato il piccolo volatile e quindi di cacciarlo».
Undici le sezioni presenti nella mostra. Il percorso si snoda tra il suadente mondo femminile delle geisha e delle oiran (le cortigiane d’alto rango) e il fascino dei leggendari guerrieri samurai, il racconto della nascita dell’ukiyo-e e le famose stampe shunga ricche di erotismo, le opere che ritraggono gli attori del teatro No e Kabuki accanto a quelle che rappresentano il mondo della natura in tutte le sue manifestazioni: fiori, uccelli e paesaggi.
L’immersione totale in un altrove, con l’inevitabile curiosità di capire. Non trascurare perciò i panel e magari affidarsi alle audio guide. Oppure al catalogo, curato sempre da Gobbi in modo meticoloso: «avendo più spazio ho potuto approfondire e spiegare meglio le particolarità di questo popolo che non rifiuta mai nulla del proprio passato, delle proprie tradizioni: recepire stilemi, tramandare leggende, coltivare miti al di là della modernità è il loro modo di vivere. Per questo tema invito a prestare particolare attenzione alla decima sezione “Shinhanga” dove si racconta di una nuova corrente di artisti dei primi del ‘900 chiamati a rivitalizzare in chiave moderna l’antica tradizione, reinterpretando la passata arte xilografica che venne chiamata Shin Hanga, stampa nuova. Gli artisti introdussero anche alcuni elementi dell’arte occidentale e dopo si sviluppò un altro movimento, Sosaku Hanga, ovvero stampa creativa, ancora più aperto all’influenza dell’arte e teorie occidentale».
Un grimaldello letterario per avvicinarsi al Giappone? «Semplice, Il crisantemo e la
spada di Ruth Benedict, edito da Laterza: un testo sui modelli di cultura giapponese, un vera chicca. Testo da antropologo pubblicato su richiesta del ministero della guerra Usa durante il secondo conflitto mondiale per essere distribuito, come saggio-manuale-breviario di cultura giapponese, ai soldati dell’esercito americano», suggerisce prontamente Gobbi.Nelle stanze di Palazzo Albergati Arthemisia ha previsto anche un nutrito programma di attività didattiche e collaterali quali la cerimonia del the, la creazione degli origami, informazione sulle tradizioni gastronomiche nipponiche e tanto altro. E poi esposizione di vestiti, kimono, ventagli, fotografie.La mostra sarà aperta al pubblico sabato 24 marzo e si chiuderà il 9 settembre.