L’ILLUSIONE NON È UN DIRITTO
Quale mutamento sta subendo la società emiliano-romagnola e come si prepara al futuro? L’interrogativo andrebbe sciolto riflettendo sulle sfide poste dalla globalizzazione, che ha reso più evidente a livello locale la mancanza di un moderno pensiero liberale e socialista. Si può dire sia in crisi, anche limitando l’analisi al modello di società coesa e solidale che ha sempre contraddistinto Bologna e la nostra regione. Stiamo vivendo la fine di quel modello e l’avanzare a passi veloci di quello della frammentazione, coltivata da chi teorizza che il conflitto tra la disperazione dei poveri e il privilegio dei benestanti possa essere ricomposto con un progetto abbagliante. In realtà i bolognesi hanno in gran parte smarrito i loro tradizionali riferimenti d’identità e si stanno disarticolando in tante soggettività, raggruppamenti piccoli e grandi. Tali enclavi di diseguali sono formate da una parte dalle persone emarginate e disilluse che si vedono costrette a ripiegare su sé stesse nella ricerca di una sopravvivenza decente. Dall’altra, da quelle persone agiate (non tutte) chiuse egoisticamente nei loro privilegi, che rifiutano lo straniero e non tollerano il meticciato. Gli agitatori delle paure hanno trovato un terreno fertile per montare l’onda dell’irrazionalità, nascondendo così la natura vera del conflitto generata dalla crisi della finanza globale. La povertà e le diseguaglianze vengono occultate proponendo il diritto all’illusione divenuto la panacea di ogni male. In questo contesto chi è privo di tutto e le famiglie impoverite si sono ritrovati senza più un interlocutore culturale e politico che sapesse tentare una lettura del malessere e una ragione per la loro mobilitazione. Sono saltati i naturali referenti che erano e dovrebbero essere gli organi intermedi della società. In particolare i sindacati confederali e i partiti progressisti hanno finito per mortificare le relazioni di fiducia, favorendo una diffidenza che porta gli indifesi a non condividere una prospettiva comune di emancipazione. I pilastri che hanno difeso e costruito il lavoro e il welfare emiliano hanno lasciato così il campo libero a chi sa strumentalizzare la rabbia anti-sistema di quanti sono in difficoltà. Da dove ripartire? Dal ricostruire una rappresentanza sociale e politica credibile, affidabile, sapendo che il riscatto dalla precarietà e povertà non passa per il diritto all’illusione.