Vaccini e medici, c’è chi rifiuta «Casi isolati»
I medici del lavoro: «A Bologna i controlli sono partiti»
«Abbiamo incontrato poche resistenze alla vaccinazione, solo qualche caso che si conta sulle dita di una mano». Come spiega Francesco Saverio Violante, che coordina i medici del lavoro bolognesi, i controlli sono già partiti. E l’assessore Venturi assicura, «nessuna coercizione, solo tutela della salute».
Venturi Incontrerò i sindacati Non ci sono obblighi, vogliamo solo tutelare la salute dei lavoratori e dei pazienti Puglia (Fp Cgil) «Se interi blocchi di operatori lasceranno le aree a rischio bisogna formarne dei nuovi»
E se in un reparto a rischio sono in molti a non volersi vaccinare cosa succede? E se qualcuno userà proprio questo nuovo obbligo per ottenere l’obiettivo di essere trasferito in un reparto più tranquillo? Sono gli stessi sindacati ad esporre dubbi e perplessità. L’assessore regionale alla Sanità butta acqua sul fuoco, «la nostra decisione — assicura — non introduce e non stabilisce alcun obbligo, alcuna coercizione, ma soltanto tutela della salute». Nell’area metropolitana bolognese la revisione dell’immunizzazione degli operatori delle aree ospedaliere più delicate è già partita da tempo, «abbiamo incontrato poche resistenze, solo qualche caso che si conta sulle dita di una mano — spiega Francesco Saverio Violante che coordina i medici del lavoro di tutte le aziende sanitarie bolognesi —, prevale il senso di responsabilità».
Con una delibera di Giunta l’Emilia-Romagna prevede che nei reparti «ad alto rischio» di oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, nei pronto soccorso e nei centri trapianti dell’Emilia-Romagna possano lavorare solo gli operatori sanitari (medici, infermieri, ostetriche) che risultano immuni nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella. Che succede a chi non vuole immunizzarsi? «Ci sembra alquanto velleitaria la possibilità che interi blocchi di lavoratori siano obbligati a trasferirsi in altri reparti lasciando così sguarniti i reparti dove erano assegnati, reparti nei quali dovranno essere inseriti nuovi operatori che dovranno essere addestrati e inseriti in percorsi di formazione impegnativi e di lunga durata», dichiara Mauro Puglia, segretario generale della Fp Cgil Emilia-Romagna. «Quelli sono reparti con un livello di specializzazione che richiede un percorso di formazione e un investimento professionale significativo, è chiaro che questa scelta andava condivisa con chi lavora in quei reparti». Quella di Puglia non è una voce isolata, perché la possibilità che il non vaccinarsi possa diventare un modo per cambiare mansione esiste.
Cosa succederà ora? «Per le quattro malattie le persone che non sono immuni non sono moltissime — spiega Violante —. I più anziani sono quasi tutti immuni perché hanno avuto le malattie. I più giovani sono stati probabilmente vaccinati, mentre c’è una classe intermedia di operatori che non ha preso la malattia e non è stata vaccinata. Su questi lavoratori è in corso la revisione che speriamo di concludere presto. Finora il tasso di adesione è altissimo, c’è un atteggiamento di responsabilità. Ci sono stati casi isolati di resistenza per i quali ora c’è l’indicazione regionale di abbandonare il reparto».
L’assessore Venturi ieri ha voluto stemperare il clima con i sindacati che hanno criticato la mancanza di condivisione del percorso. «Siamo sempre aperti al confronto e nei prossimi giorni convocheremo i sindacati — assicura Venturi —, ma bisogna tener presente che il medico competente o medico del lavoro è una figura professionale che salvaguarda la salute del personale. È un medico preposto alla tutela dei dipendenti, non del datore di lavoro». «È evidente — conclude — che nel momento in cui chiediamo ai genitori di vaccinare i propri figli che vanno a scuola, è necessario poi essere conseguenti: se gli stessi bambini debbono andare in ospedale, non devono correre il rischio di contrarre una malattia trasmessa da un operatore sanitario, oppure di contagiarlo».
Questo è comunque solo l’inizio, «dobbiamo arrivare — assicura Violante che presiede la Società italiana di medicina del lavoro — all’immunità universale di tutti gli operatori sanitari».